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AEROPORTO DI CATANIA: GUARDIA DI FINANZA E AGENZIA DELLE DOGANE SEQUESTRANO 80 CAPI D’ABBIGLIAMENTO CONTRAFFATTI PROVENIENTI DA CASABLANCA

AEROPORTO DI CATANIA: GUARDIA DI FINANZA E AGENZIA DELLE DOGANE SEQUESTRANO 80 CAPI D’ABBIGLIAMENTO CONTRAFFATTI PROVENIENTI DA CASABLANCA In evidenza

I Finanzieri del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Catania, unitamente ai Funzionari dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, nell’ambito degli ordinari controlli doganali svolti presso l’aeroporto di Catania Fontanarossa, hanno sottoposto ad ispezione un passeggero originario del Marocco, di rientro dal suo paese con volo proveniente da Casablanca, il quale trasportava nella valigia confezioni di capi di abbigliamento contraffatti.

In particolare, nel voluminoso bagaglio da stiva i militari ed i funzionari hanno rinvenuto 80 capi di vestiario che falsamente riproducevano i marchi e loghi registrati di note griffe internazionali, costituiti da polo “Armani”, “Calvin Klein” ed “Harmont & Blaine”, calzature sportive ”Nike” nonché altri accessori di abbigliamento. I prodotti, di pregevole fattura e tali da ingannare gli ignari acquirenti sulla reale provenienza illecita, sono stati sottoposti a sequestro e il cittadino straniero, regolarmente residente nel territorio italiano, in particolare nella provincia di Siracusa, è stato denunciato a piede libero all’Autorità Giudiziaria etnea per illecita introduzione nel territorio dello Stato di merci contraffatte.I Finanzieri del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Catania, unitamente ai Funzionari dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, nell’ambito degli ordinari controlli doganali svolti presso l’aeroporto di Catania Fontanarossa, hanno sottoposto ad ispezione un passeggero originario del Marocco, di rientro dal suo paese con volo proveniente da Casablanca, il quale trasportava nella valigia confezioni di capi di abbigliamento contraffatti.

In particolare, nel voluminoso bagaglio da stiva i militari ed i funzionari hanno rinvenuto 80 capi di vestiario che falsamente riproducevano i marchi e loghi registrati di no

te griffe internazionali, costituiti da polo “Armani”, “Calvin Klein” ed “Harmont & Blaine”, calzature sportive ”Nike” nonché altri accessori di abbigliamento. I prodotti, di pregevole fattura e tali da ingannare gli ignari acquirenti sulla reale provenienza illecita, sono stati sottoposti a sequestro e il cittadino straniero, regolarmente residente nel territorio italiano, in particolare nella provincia di Siracusa, è stato denunciato a piede libero all’Autorità Giudiziaria etnea per illecita introduzione nel territorio dello Stato di merci contraffatte.

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  • Il superbo “Bellini” di Luigi La Rosa

    Non mi pento del ritardo – Perché recensire un testo già uscito da mesi e non quello – il “Proust” promesso e nato da poco –, che a breve sarà presentato ai lettori? Semplice: i testi non hanno un tempo preciso per leggerli. Non amo leggere nell’immediato un libro acquistato mesi o addirittura anni prima; procedo in sintonia con il mio esserci. Nel furor delle tempeste di Luigi la Rosa, edito da PIEMME, ha compiuto un lungo viaggio, presentazione dopo presentazione. Sono certa che ancora andrà di luogo in luogo, accompagnato dal più giovane testo su Proust.

     

    Dall’iniziale resistenza al grande salto – Ho scelto ottobre per dedicarmi alla lettura del romanzo sull’incredibile esistenza del “Cigno di Catania”.

    Devo confessare un iniziale momento di resistenza al testo di Luigi, e ne spiegherò il motivo. L’ho avvertito respingente nel ritmo più lento, adottato per la parte dell’infanzia e degli esordi dell’enfant prodige etneo. Era come se l’autore lo tenesse incatenato a sé, privandoci del desiderio di vedergli spiccare il volo. Solo procedendo nella lettura, pagina dopo pagina, ho compreso.

     

    La storia e i suoi personaggi – Nel rispetto della manzoniana differenza tra «vero e verisimile», registro del romanzo storico –, i vari caratteri presenti nel testo, ti entrano sottopelle e non ne sei consapevole sino a che non ti ritrovi a pensare alla pagina seguente, sentendoti parte del loro vissuto. Da quel momento capisci che il testo funziona, come si usa dire tra gli addetti ai lavori. La trama regge, lo stile parte sottovoce poi s’impenna e il lettore, suo malgrado, è dentro a quell’immensa opera lirica che è stata la vita stessa di Vincenzo Bellini.

     

    Da un luogo all’altro d’un Italia risorgimentale – La partitura del romanzo è assolutamente impeccabile. Non potrebbe essere altrimenti, data la strenua ricerca della perfezione di La Rosa, “posseduto” da Bellini, e a tratti, più belliniano dello stesso. Un susseguirsi di tappe nel viaggio dell’uomo e grande Maestro catanese: Napoli e gli anni della rigorosa formazione; Milano e il grande salto; Parigi e la maturità che declina verso il tragico sfiorire. Un’Italia in subbuglio, tra passaggi illuministici e rombi risorgimentali. I caffè, i cambi di tono dal sole del Sud alle brume del Nord. Un itinerario che ci illumina su un’epoca, trattata con delicata dovizia di particolari, offrendoci sublimi ritratti di uomini e di donne.

     

    Le donne: vere protagoniste del romanzo – Non desidero scadere in una filippica femminista, mi si permetta però di sostenere con forza questo pensiero.

    La musica eccelsa, che ha pervaso ogni fibra del «biondo Cherubino», si è ispirata a Sante e Muse. Nulla di più sacro, regalatoci dalla raffinata eleganza narrativa di Luigi La Rosa. A partire da Agata – la “Santuzza” –, che protegge e giunge a indossare i panni della madre genitrice. Nome benedetto e trasporto immenso di amore. Quell’amore ha rescisso due volte il cordone ombelicale per lasciare il suo Nzudduzzu libero di esistere tra gli incessanti marosi d’una vita in tormento. Il successo, la fama; lo studio estremo e il talento impagabile. Lena, le Giuditte; la Malibran, la Luna…

    Casta Diva, che inargenti

    Queste sacre antiche piante,

    A noi volgi il bel sembiante

    Senza nube e senza vel...

    Il femminile schiuso in una delle mutevoli espressioni della Grande Madre: la Luna. Lilith che è luce e ombra. Vita e morte. Là, si ancorano anche le origini della Agatha Catanensis.

    Le donne svettano – si veda Cristina Trivulzio di Belgioioso, intellettuale e patriota –, in quel clima di formazione dello spirito dell’emancipazione femminile.

     

    E gli amici, allora? – Naturale che non si possa dimenticare il complicato rapporto di «odi et amo» tra Bellini e Florimo. Le frastagliate collaborazioni con gli impresari; la disperata ricerca di conferme da quel padre putativo, che è stato Gioacchino Rossini. Vi sono le rivalità e gli scontri; ulteriore sostegno dell’impianto narrativo. Un testo che occorre leggere come fosse uno spartito e immergervisi dentro tali e quali ai personaggi d’un libretto.

     

    Un’ultima nota – Riallacciandomi a quanto espresso in premessa, torno a sottolineare che il valore di un testo si misura, da quanto esso sia resistente agli urti del mercato e all’indice di gradimento dei lettori. Il “Bellini” di Luigi la Rosa ha superato la sfida.

    Possiede le qualità del classico; c'est magnifique!

     

  • Di Buccheri, del «Festival della cucina iblea» e di quando una mail fu provvidenziale

    Antefatto. Abbiamo scongiurato l’incidente diplomatico – Si sa, evitiamo di rispondere a tante chiamate sui nostri telefoni perché presi di mira, ogni santo giorno, da call center e operatori che propongono «di l’acqua o sali». L’ho fatto io e l’ha fatto Alfio Barca, non avendo il numero in rubrica, non riconoscendo il mettente, non abbiamo risposto. Un pomeriggio però ricevo una mail e allora iniziano a sorgere alcuni dubbi. Informo Alfio e Roberto. Ed ecco che allora l’arcano si svela e dopo chiarimenti – ometto il resto degli sproloqui – veniamo a capo della questione. Le telefonate, quasi disperate, provenivano da Pippo Formica di Buccheri, il quale con tanta pazienza, amore, e sino allo sfinimento, ci invitava al primo «Festival della cucina iblea». L’ultima mossa giocata, quella di inviarmi una mail, il cui account gli avevo fornito durante un pranzo a «U locale», l'osteria che gestisce con passione insieme al fratello Sebastiano, cuoco contadino. Dunque, è proprio il caso di dirlo: mai mail fu più provvidenziale.

    Prima di proseguire nella narrazione, desidero ringraziare Alfio Barca per avermi dato il piacere e la gioia di incontrare, conoscere e poter dialogare con persone davvero uniche e speciali, degne di essere annoverate tra i siciliani eccellenti, a sfatare quell’atavico immobilismo di cui siamo tacciati da troppo tempo. La Sicilia è ricca, ed ha figli amorevoli che la accudiscono, nella tradizione di cura che fa parte delle nostre tradizioni familiari così come si rispettano e si onorano la madre e il padre.

     

    La partenza e il viaggio – In cinque: Alfio alla guida, Roberto davanti con lui. Dietro: Marinella, «jò ‘nto menzu comu u pitrusinu», e Letizia. Capirete che quei due poveretti con tre donne non potevano avere speranze. Già Roberto aveva sperimentato poco tempo prima, durante la visita a Polizzi Generosa, cosa significano tre donne in un’auto, però quando due di queste donne sono le rispettive mogli, allora l’impresa è degna dei Titani. Mogli lo so che state ridendo a leggere queste righe.Il bello dello stare insieme e della condivisione è imparare gli uni dagli altri, divertendosi.

    Il viaggio è andato bene con soste brevi perché noi signore dobbiamo far pipì più spesso e pause sigaretta per chi fuma. Insomma, tra rievocazioni del passato che ci lega, amici e parenti comuni, Letizia che si innamorò perdutamente della beltà di una mucca – eviterò di riportare le sue esplosioni di meraviglia ma immaginatela come se si trattasse di Heidi con le caprette che fanno ‘ciao’ – ce l’abbiamo fatta e siamo riusciti ad esserci per goderci il primo «Festival della cucina Iblea» nel bosco di Santa Maria a Buccheri. Quanto è bello il progresso quando ci assiste! Evviva le mail!

     

    Il luogo e il programma della giornataBuccheri in siciliano e Bucchieri nel dialetto locale è un comune italiano di poco più di 1.800 abitanti, e fa parte del libero consorzio comunale di Siracusa in Sicilia. Sabato 16 luglio scorso a partire dalle 9:00 e sino alle ore 18:00 a Parcallario – zona attrezzata, bella e piena di famiglie e di bimbi giocanti nel suggestivo Bosco Santa Maria – si è tenuta la prima edizione di un festival che ha ottenuto riscontri notevoli ed ha riacceso l’attenzione su una zona stratificata per storia, tradizioni, cultura: un microcosmo ricco come lo è il macrocosmo Sicilia. In questi giorni, ho avuto modo di leggere una ottima rassegna stampa e di vedere che anche i telegiornali ne hanno offerto servizi di grande qualità.

    L’evento si è volutamente svolto all’aria aperta per consentire una immersione totale nella cornice naturalistica del bosco di Buccheri. Sono state allestite oltre 20 isole culinarie, a tema, con  degustazioni, show cooking, esposizioni, senza scordare gli stand dei vini e quello del rum. La manifestazione ha accolto tutte le località dei Monti Iblei, con numerose realtà locali del settore enogastronomico, provenienti in particolare dalle province di Siracusa, Ragusa e Catania.

    Il programma ha previsto la Colazione del contadino con la preparazione e la degustazione della tipica colazione che veniva fatta anticamente dai contadini di Buccheri. Il trekking nel bosco: un’escursione naturalistica nel bosco di S. Maria alla scoperta della flora e della fauna tipica del luogo e delle proprietà delle erbe aromatiche. Visite guidate, trekking, show cooking, conferenze, laboratori didattici e culinari, il cibo come esperienza di vita e di identità con le sue 20 isole culinarie e 40 tra produttori e chef d’eccellenza, con piatti e pietanze che hanno narrato un angolo di territorio del Sud Est isolano. Il Festival, fa parte del più ampio progetto «Taula Matri – il cibo nelle terre del Verga», ed è stato realizzato grazie alla collaborazione tra le associazioni IGEA, VALDINOTO.IT, e il patrocinio del Comune di Buccheri.

     

    I temi affrontati alla conferenza – Per fortuna siamo giunti in tempo – sempre grazie alla precisione e alla grande organizzazione di Alfio – per fare un primo giro di esplorazione, goderci le atmosfere festose e nonostante il caldo assaporare gli aromi e i profumi dei prodotti mescolati a quelli del bosco. Ottima accoglienza, tutto ben organizzato e immaginate i miei amici fotografi «click click» mentre noi signore… pure le signore giravano video e facevano foto, anche loro attente osservatrici degli ambienti. Io no, a tratti apparivo distratta e invece, giravo, guardavo e fissavo tutto con gli occhi, il naso, le mani e perché no, pure con la bocca.

    La conferenza, come tutto il resto si è tenuta all’aperto, in un grazioso angolo con panche e uno schermo. Ha moderato l’incontro Francesca Ercolini, direttrice di VALDINOTO.IT. La dottoressa Ercolini ha toccato uno dei punti nevralgici dei vari aspetti sul turismo nell’epoca del glocal, soffermandosi sul turismo etico ed esperienziale.

    Una definizione precisa del tema trattato la riporta il sito sul turismo esperienziale ed è la seguente: «Il Turismo Esperienziale è un movimento globale in crescita che coinvolge i turisti durante il viaggio in una serie di attività indimenticabili con un forte impatto personale. Attività che colpiscono tutti i sensi e creano connessioni a livello fisico, emotivo, spirituale, sociale e intellettuale».

    «Il turista vuole fare full immersion, una tendenza che sta esplodendo e il turismo etico aiuta le comunità locali con l’acquisto dei prodotti a chilometro zero», ha precisato la Ercolini. Acquistare i prodotti del luogo dunque dà l’avvio a un’economia circolare e virtuosa che coinvolge tutti. «Ne è un esempio – ha continuato – l’adozione di un albero o di un vigneto. Mentre il turismo enogastronomico valorizza le mete meno note, per arrivare a un obiettivo non facile da applicare, quello della destagionalizzazione e della fidelizzazione dei viaggiatori, che vivono, si innamorano, vogliono la qualità e tendono a tornare anche per i prodotti di eccellenza».

    Di fatto, le eccellenze degli Iblei con le aziende che vi operano sono patrimonio di tutti e opportunità di crescita per il territorio.

    Molto centrato e ben strutturato anche l’intervento del sindaco di Buccheri, Alessandro Caiazzo – un sindaco giovane, ne ho conosciuti molti in questi anni, preparati e legatissimi alla loro terra –, il quale ha anzitutto ringraziato i produttori che hanno risposto all’invito di IGEA e VALDINOTO.IT e hanno contribuito a possibile l’evento. Il sindaco ha spiegato che Buccheri si trova al centro di Ragusa, Siracusa e Catania ed ha una fortissima vocazione agropastorale e turistica. Questo è stato fondamentale per far conoscere il territorio dal punto di vista paesaggistico e storico ma anche per le eccellenze dell’enogastronomia. «Siamo convinti – ha detto – che il futuro è proprio nel connubio tra enogastronomia d’eccellenza e il territorio perché lo racconta». Caiazzo ha poi proseguito evidenziando i prestigiosi riconoscimenti che Buccheri ha ricevuto negli anni appena trascorsi: «nel 2015 ottiene il riconoscimento dell’olio di qualità; nel 2021 nonostante il Covid diventa migliore destinazione per la cucina ed entra a far parte dei «Borghi più belli d’Italia e poi più bel borgo di Sicilia. Buccheri è volano di sviluppo e di ripresa di tutto il territorio ibleo».

    Tra i vari interventi, susseguitisi durante la conferenza, vi è stato anche quello della dottoressa Roberta Cafiero, Dirigente MIPAAF, funzionaria del ministero delle Politiche agricole, ambientali e forestali che si occupa del riconoscimento dei prodotti a marchio DOP, IGP e PAT, i grandi protagonisti del Festival.

    La Cafiero, partenopea ed amante della cucina siciliana – non scordiamoci i legami che abbiamo con Napoli – ha ben spiegato che «i prodotti riconosciuti devono avere caratteristiche tecniche e organolettiche legate al territorio di produzione e riconoscibili per quel territorio. Il prodotto può essere fatto in quel modo e solo in quel posto; nome del prodotto e uso comune consolidato da almeno 25 anni. Buccheri ad esempio è leader anche per i PAT «prodotti agroalimentari territoriali» che furono dichiarati patrimonio culturale […] È fondamentale l’abbinamento cibo e turismo».

    Tema ripreso anche da Pippo Formica, visionario e mente eccezionale. Una fucina di idee e progetti portati avanti con tenacia e tanto amore. Il patron di «U locale» – vi consiglio di andarci perché farete una vera esperienza di totale immersione nella storia, nella tradizione e nei sapori della cucina degli Iblei – ha fatto un excursus che definirei storico-istrionico, illustrando la storia della cucina isolana e il progetto articolatissimo che parte da «Taula matri». Un viaggio per rivalutare, attraverso la gastronomia, il territorio con i PAT. Il festival è per l’appunto una costola del progetto. Vi è infatti anche un’altra sezione, quella della via del freddo, perché la granita nasce in Sicilia. A Buccheri ad esempio ci sono 24 niviere e la storia delle fonti conferma che il ghiaccio era esportato in tutta la Sicilia e arrivava persino a Tunisi.

    Formica «cunta»; è un «cuntastorie». Sa abilmente intrattenere gli ospiti veicolando un messaggio di rispetto e orgoglio di appartenenza alla Sicilia, quando mostra i prodotti del territorio: «Ci tagghiu a testa ci tagghiu a cura ed ecco affacciarisi na bedda signura», ed ecco che appare il fico d’india perché i clienti «s’arricriunu e lasciano pure la mancia… Da me si parla solo in siciliano…». Pippo Formica scrive in siciliano, dividendosi tra il ristorante le escursioni. Ci incanta, narrando della sua vita, del cibo, della famiglia. Ci mostra il coltello ‘nsirrato (a serramanico) di suo padre; racconta di profumi, di fatiche e di sacrifici usando come canovaccio le ricette della tradizione, che rischia seriamente di perdersi, e ci emoziona con queste parole che toccano il cuore e ci uniscono in un coro unico, alla maniera dei «vinti» verghiani: «Taula matri taula matri, matri terra matri terra ca tantu ha datu e tantu dai; t’attocca ripettu, ripettu cà non arriva mai».

     

    Cibo, vino e un pezzo di cuore l’ho lasciato al rum – Latte e miele; scacciuni chi pipi corni, i funciddi; la carne di capra nel pane e l’uovo con la salsa di zafferano; l’olio. Un bendidìo che ci ha ricolmato anima e corpo, restituendoci il senso della vita. Perché la vita, signori miei, è una e unica e passa dagli alimenti, dalla terra, perché noi siamo fatti cibo e di terra e a lei ritorneremo, con l’auspicio di lasciare qualche testimonianza del nostro passaggio. Augurandoci di aver fatto qualcosa di buono per i nostri figli e per chi verrà dopo di noi. Ora, voi lo sapete che mi piace scovare sempre qualcosa di particolare ovunque io mi rechi e ad esempio ho molto gradito le lumache «a strica sali» che, come ha spiegato Pippo Formica, sono originarie di Messina. Il cibo migra insieme ai popoli e le contaminazioni sono necessarie per avere una cultura di eccellenza. Il cuore però l’ho lasciato al rum siciliano – sì ma non è finita come con il liquore all’alloro di Santina a Polizzi, non cominciate a ridere per favore – e facendo riferimento a questo superbo distillato concluderò il mio contributo sul «Festival della cucina iblea».

     

    La storia del rum in Sicilia – «Alla fine del pranzo venne servita la gelatina al rum. Questo era il dolce preferito di don Fabrizio e la Principessa aveva avuto cura di ordinarlo la mattina di buon’ora». Ne Il Gattopardo di Tomasi di Lampedusa si fa riferimento a un distillato che nell’immaginario collettivo è caraibico e invece:

    «La risposta è semplice: la canna da zucchero, da cui si distilla il rum, era già stata portata nell’isola dagli Arabi nell’800 d.C., seicento anni prima che Cristoforo Colombo la introducesse nelle “nuove Indie”. Fino al 1600 la coltivazione della canna da zucchero era presente in tutta la Sicilia ma durante il 1700, il 1800 e la prima metà del 1900 rimase solo ad Avola dove, come riportano i viaggiatori dell’epoca, si produceva “un rum di ottima qualità, che vendesi a caro prezzo”. Il declino della produzione di zucchero siciliano inizia nel 1600, a causa di cambiamenti climatici che, come affermano le fonti dell’epoca, ridussero notevolmente la disponibilità di risorse idriche, di cui “la pianta è voracissima”. Nel giro di pochi decenni la coltivazione scomparve quindi dal resto dell’Isola, ma rimase solo ad Avola per volontà dei Marchesi Pignatelli Aragona Cortes che continuarono a produrre zucchero nel loro feudo».

    Queste e altre curiosità sull’origine della produzione del rum siciliano le trovate nel sito del Rum Avola prodotto da Corrado Bellia, che ho avuto il piacere di incontrare a Buccheri. Gli arabi infatti introdussero la canna da zucchero molto prima che Colombo intraprendesse il suo viaggio anche perché prima di allora per dolcificare si usava il miele. Ma gli usi di questa pianta nel corso dei secoli sono stati tra i più disparati e tra essi vi è l’estrazione del succo da cui poi si perverrà al distillato.

    Bellia è il presidente del «Consorzio della canna da zucchero siciliana» che lui stesso ha definito come «lo strumento necessario per riunire le nostre forze e promuovere la rinascita in Sicilia della produzione di canna da zucchero, secondo metodi rispettosi dell’ambiente e dei consumatori. Il 2021 infatti è stato l’anno del ritorno in Sicilia della coltivazione della canna da zucchero, che veniva coltivata e trasformata in preziosissimo zucchero fino al 1600. La “cannamela” era poi scomparsa dal paesaggio siciliano, per varie cause concomitanti, tra cui profondi cambiamenti climatici e l’arrivo in Europa della produzione caraibica. Unica eccezione la città di Avola dove, fino all’inizio del 1900, se ne distillava il succo per produrre Rum. Lo scorso anno alcuni imprenditori locali, con passione e determinazione, hanno reintrodotto le piantagioni e ripreso la produzione del Rum 100% siciliano che, a detta degli esperti, non ha nulla da invidiare ai migliori distillati del panorama mondiale».

    Posso testimoniarlo anche io, inebriata da un aroma delicato ma ben strutturato. Uno spirito che si sentiva anche a distanza, con le narici, e che avvolgeva prima il palato per abbracciare morbidamente la gola in una perfetta unione di stomaco e cervello.

    La nascita del «Consorzio della canna da zucchero siciliana» è stata costituita dall’Azienda Agricola Corrado Bellia di Avola, dalla distilleria Giovi di Valdina e dalla Distilleria Alma di Modica.

    Non resta allora che attendere la seconda edizione del «Festival della cucina iblea» e augurare il meglio alla gente della Sicilia laboriosa, che non si rassegna ad esser etichettata come vinta.

     

  • FESTIVAL SUDdiVISIONI: dal 7 al 9 luglio un mix magico di musica e teatro a Viagrande

    Settimana intensa per SUDdiVISIONI, Festival Mediterraneo di teatro per le nuove generazioni, con musica e teatro che si susseguiranno lungo i giorni del 7, 8 e 9 luglio con le performance di due compagnie: Errare Persona da Frosinone e la ligure Cattivi Maestri.  Giorno 7 luglio, alle ore 21, si esibirà la compagnia Errare Persona con lo spettacolo ‘Esperanto’, rivolto ai giovani adolescenti, spettatori di OGGI.  Invece, giorno 8, alle ore 20:30 andrà in scena ‘Il gigante egoista’ curato dai liguri Cattivi Maestri, che replicheranno l’indomani con un nuovo spettacolo, ‘Il sogno di Frida’, alle ore 21. Tutti gli spettacoli si svolgono all’aperto, presso l’anfiteatro di Viagrande Studios, via Francesco Baracca, a Viagrande. I temi affrontati spazieranno dai canti dei Paesi del Mediterraneo alla diversità, isolamento ed esclusione all’Amore. 

    Esperanto sarà un concerto spettacolo, dove Damiana Leone, voce, Marco Acquarelli, alla chitarra e Alessandro Stradaioli al contrabasso condurranno gli spettatori in un viaggio musicale nel Mediterraneo, partendo da Ulisse, non tralasciando lo storico greco Erodoto, fino a ripercorrere tutto il mare attraverso le sue leggende, i suoi canti e le sue tradizioni. Esperanto racconta di popoli, di amori e viaggi verso i confini del Mondo perché questo nostro mare unisse e non dividesse. Ai canti della tradizione etnica italiana, spagnola, sefardita, portoghese, greca, rom, ebraica e araba, si alternano i racconti di popoli e luoghi reali e immaginari, in una sorta di esperanto che riassume la storia del Mediterraneo. La compagnia Errare Persona ha sviluppato questo progetto musicale nel 2018 in 10 lingue diverse, andando in tournée a Patrasso, Siviglia, Tunisi, Italia e Singapore. La drammaturgia e la regia sono state curate da Damiana Leone. 

    La seconda performance, l’8 luglio, ore 20:30, sarà la volta de Il gigante egoista tratto dal racconto di Oscar Wilde, curata dalla compagnia Cattivi Maestri di Savona.  Due attrici attraverso l'utilizzo di pupazzi e oggetti ci racconteranno una delle storie più emozionanti di Oscar Wilde con la leggerezza di due vagabondi che il tempo porta in giro.  Il protagonista è un gigante speciale, egoista, che ama il suo giardino sopra ogni cosa e non sopporta che qualcuno lo possa rovinare. Ma vivere significa usare, scalfire e a volte sciupare. Il nostro gigante si accorge che la solitudine è gelo, che i bambini sono calore e che se desideri che i tuoi fiori sboccino devi permettergli di essere accarezzati e, a volte, calpestati. Il nostro gigante capisce tutto questo grazie all'amore dei bambini, che desiderano essere ascoltati da lui, amano giocare insieme a lui, lo cercano, si affezionano e non lo lasciano mai in pace, come fanno tutti i bambini del mondo con i loro giganti. Ma poi, alla fine, siamo sicuri che i giganti non esistono più? Le musiche sono state composte e suonate al piano da Claudia Pisani, la scenografia di Valentina Albino crea oggetti magici e trasformisti, la regia di Antonio Tancredi mette in luce la poesia che ha reso questa favola eterna. Lo spettacolo affronta il tema molto attuale della difficoltà a relazionarsi con gli altri e porta a riflettere sulla necessità di aprirsi all'altro in un tempo in cui ci troviamo sempre più spesso di fronte a fenomeni di isolamento ed esclusione 

    La terza rappresentazione teatrale, sempre de i Cattivi Maestri, sarà il 9 luglio, alle ore 21, con Il sogno di Frida. È la storia della bambina Frida Kahlo che sogna di ballare, ma Frida non può perché le sue gambe non glielo permettono. Allora si inventa una vita "altra" dove la sua amica del cuore immaginaria balla al posto suo, ride quando lei vorrebbe piangere, tace e la osserva ogni volta che vorrebbe star sola ed invece è costretta a parlare e ad esporsi. Soprattutto, la sua amica le svela che saranno le sue mani a ballare, che la sua danza sarà la pittura, che il suo non sarà un futuro facile, ma pieno di bizzarro amore e colore, che la sua diversità la renderà unica, inimitabile e indimenticabile!  Frida è figlia del Messico dove le piogge fanno nascere fiori bellissimi. E lei è uno di quelli. E con la sua amica del cuore viaggerà nel tempo e nello spazio, nelle immagini dei suoi quadri, attraverso le pagine dei suoi diari e sarà la sua amica a svelarle il segreto prezioso che farà di lei una donna da ricordare: "che importa avere gambe se si hanno ali per volare? Testo e regia di Annapaola Bardeloni.  Con: Francesca Giacardi e Maria Teresa Giachetta. Musiche di Stefan Gandolfo. Costumi di Francesca Bombace. Luci e fonica di Nicola Calcagno. Riprese video di Francesca Pesce. Foto di Scena di Massimo Ferrando. 

    I fondatori del Teatro Argentum Potabile e La Casa di Creta e, promotori del Festival, Antonella Caldarella e Steve Cable hanno posto l’accento sulla varietà degli spettacoli presenti all’interno del Festival: “Abbiamo cercato di dare al nostro pubblico una rosa di scelte teatrali in modo da far apprezzare a tutti le varie performance. Per noi, tutte le forme d’arte sono importanti e complementari, infatti, non a caso all’interno del nostro cartellone vi è la presenza dello spettacolo-concerto perché la musica rappresenta un linguaggio universale che suscita emozioni attraverso le vibrazioni, il ritmo, i suoni, andando dritto al cuore, facendo viaggiare lo spettatore, senza età, in altre dimensioni”.   

     

    Per prenotazioni e informazioni: 353.4304936 – 338.2044274 

     

    COMUNICATO DA UFFICIO STAMPA 

     

    LA CASA DI CRETA – TEATRO ARGENTUM POTABILE 

     

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