UNITRE Taormina ha, ancora una volta, confermato l’alto livello degli incontri, inseriti all’interno del calendario accademico 2019/2020. Giovedì 28 novembre, l’ospite d’onore è stata la Prof.ssa Giuseppina Radice, la quale ha tenuto alta l’attenzione del pubblico presente durante la conferenza “La comunicazione attraverso l’arte: quel che conta è la relazione”.
Come di consueto ad aprire i lavori, sono stati i saluti della Presidente UNITRE, la Prof.ssa Letizia La Tona Ponte che, a seguire, ha dato la parola per introdurre l’ospite, al Direttore didattico il Prof. Saro Calabrese. Calabrese ha espresso il desiderio di «accostarsi allo studio e alla conoscenza dell’arte contemporanea, motivato dall’esigenza di entrare dentro l’opera arte stessa».
La biografia della professoressa Radice che, pur agendo in un contesto accademico, opta per un approccio alla storia dell’arte “antiaccademico”, si adatta alla perfezione come un habitus tagliato da sartoria artigianale, a questa donna brillante e frizzantina. Una docente e un’educatrice che apre le finestre sull’arte, facendovi investire da un’aria fresca di sapere.
Giuseppina Radice, «titolare della cattedra di Storia dell’Arte Contemporanea presso l’Accademia di Belle Arti di Catania, ama l’ascolto e considera l’insegnamento una responsabilità morale. Tecnicamente accademica, si dichiara antiaccademica per scelta. Ha compreso che lo studio dell’arte è in fondo una conquista di libertà nel confronto continuo con la diversità. Nella sua attività di storico e di critico applica il metodo “San Tommaso”. Tiene regolarmente “Corsi di alfabetizzazione all’Arte contemporanea” perché convinta che attraverso l’arte si possa insegnare la vita. Ha curato numerosi eventi artistici e pubblicato saggi critici in cataloghi e riviste. Suoi sono Il Futurismo e il Padre, in “Rivista di Studi Italiani”, 2009, n° 1; La Storia dell’arte e il tiro con l’arco ed Erranti ai tempi dell’usabilità, Prova d’autore, 2011; Alchimisti di oggi per un futuro fatto a mano, Fausto Lupetti editore, 2016».
Ho trovato molto interessante il fatto che raccontando di sé e del proprio lavoro, la docente parta dal presupposto di “tenere corsi di alfabetizzazione di arte contemporanea, perché ciò che conta nell’apprendimento è la relazione”. La prof.ssa Radice ha argomentato il metodo che adotta con gli studenti e quando tiene incontri e conferenze con parole chiare e incisive; metodo che pone, per l’appunto, al centro la relazione con l’altro e il piano etico imprescindibile per un docente:
Anzitutto, bisogna assolvere tutti perché l’arte contemporanea non si capisce. La materia viene svalutata ma su essa c’è molto da dire. Io ho studiato ed insegnato in maniera accanita perché devi combattere in una scuola dove non si percepisce la grande responsabilità del docente. Il Novecento, ad esempio, è detto “Secolo breve” ma è necessario esplicitare che esso, è denso di avvenimenti epocali.
Infatti l’Arte degli ultimi due secoli è un’arte dirompente per il sovvertimento degli schemi linguistici. Non può essere letta in modo conservativo ma in fondo, ciò è legato al mondo stesso dell’Arte: dalla Preistoria sino ad oggi. Arte è Linguaggio, ha lettere, fonemi e sintassi. Ha una grammatica, poiché essa è legata al pensare umano. Dunque “la problematica arte è unita alle problematiche del senso dell’arte”. La prof.ssa ha continuato a tracciare il percorso, servendosi di parole e immagini, seguendo la tecnica della narrazione, in un ambiente colloquiale:
Ho una Laurea in Lettere Moderne ma avendo dato tra le materie, anche Storia dell’Arte, ho accolto la sfida con l’insegnamento all’Accademia di Belle Arti di Catania. Ho iniziato uno studio lancinante e visto che sono un Ariete caparbia, che tra i suoi passatempi ha anche quello del canto polifonico, ho portato avanti il progetto di spiegarla l’arte. Perché l’arte sia compresa ci deve essere un professore che la spieghi. Si parte dall’assunto che l’arte debba parlare, debba dire qualcosa; che parli a tutti e che sia rappresentazione della bellezza. Quindi se l’arte non è bella allora essa non è arte; oppure se non smuove i sentimenti non è arte. Ma Van Gogh, che mi son permessa di rinominare “Cuore di mamma”, è bravo perché esprime sentimenti oppure perché ha rivoluzionato l’arte? Van Gogh ha rivoluzionato la pittura. Perciò bisogna togliere le definizioni e operare come alchimisti. Negli emblemi medievali ve ne è uno: “Ora Lege Lege Lege Relege Labora et Invenies” – Prega Leggi Leggi Leggi Rileggi Lavora e Troverai – esso è un emblema che sintetizza il processo alchemico dalla Nigredo, la corruzione, all’Albedo, la speranza, sino alla Rubedo si giunge all’Opus alchemica, alla pietra filosofale. La cultura è fatica perché viene da “coltivare”; anche nell’opera d’arte è presente la fatica, in quanto produzione umana. Vi è connessione tra arte e alchimia. Un artista è ricco di pensiero.
La prof.ssa Radice agisce quindi in senso alchemico e filosoficamente. Più volte ha ribadito che l’approccio all’arte deve essere umile, ma è necessario credere nel proprio impegno così come l’artista che crede nel suo progetto
Oppure è un pittore mestierante. La medesima cosa vale per il docente. Io considero lo studio dell’arte come una cura contro il razzismo. La Cultura è lo sguardo sull’altro. Più studi, più ti apri al “diverso”. Oggi siamo di fronte a un allentamento culturale. Dimentichi della fatica. L’Arte è invece condivisione. Lasciamo all’ingresso le scarpe del pregiudizio. Sospendiamo il giudizio durante la lettura dell’opera perché essa il ha un senso in relazione all’altro. L’ Arte è diversità. Un artista è diverso da un altro, si distingue nel suo lavoro, oppure sarebbe un plagio. Simone Martini ama Giotto ma non lo imita. Occorre smontare l’idea che l’arte sia racchiusa solo dentro la capacità tecnica e la quantità di colore.
La spiegazione della docente, e critico d’arte, trova conferma nella genesi di un’opera del XIX secolo di cui non ha subito voluto svelare titolo e autore. Si tratta de “Il talismano” di Paul Sérusier, che si trova al Musée d’Orsay. Il giovane artista, durante l’estate del 1888, soggiornerà a Pont-Aven e avrà modo di frequentare Paul Gauguin, accettandone i preziosi consigli. Tornato a Parigi mostrerà ai Nabis – profeti in ebraico – il quadro. Ogni elemento che dà origine a un paesaggio, qui è una macchia di colore. Maurice Denis ha riferito che Gauguin disse a Sérusier le seguenti parole: “Come vedete questi alberi? Sono gialli. Ebbene, metteteci del giallo; quest’ombra, decisamente blu, coloratela con una tonalità blu oltremare puro; queste foglie rosse? Dipingetele di vermiglio”.
Ciascun artista ha il proprio viaggio da compiere. Avrà percorsi solitari e incontrerà maestri e compagni, ma svilupperà il proprio stile che è la sua impronta digitale. Inimitabile e unica. Sérusier ascolterà i consigli del Magister e userà “il rosso più bello della sua tavolozza”. Anche Pablo Picasso non vuole fare il bello pur sapendolo fare. Egli vuole scardinare gli elementi del linguaggio tradizionale, che poi è ciò che avviene nell’arte poetica con il Futurismo e il Simbolismo, altre forme del Linguaggio; altri elementi dell’universo della produzione umana. Mondrian, ad esempio, sovverte il concetto di figurativo classico per cui il suo realismo coincide con l’astrattismo. Perché per lui “l’aspetto delle forme naturali si modifica, mentre la realtà rimane costante. Per creare plasticamente la realtà pura è necessario ricondurre le forme naturali agli elementi costanti della forma, e i colori naturali ai colori primari”.
Giuseppina Radice ci ha salutato con l’allegria che la contraddistingue, dopo due ore intense e cariche di energia, regalando anche a noi un talismano: la ricchezza di un sapere condiviso e non rinchiuso in giudizi asfittici e privi dell’ossigeno della curiosità.