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Il tessuto umano nelle “SKIN TALES” di Gaetano Belverde

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Foto di Rogika

Il quarto appuntamento di “Immagini & Parole” ha avuto come ospite Gaetano Belverde. Roberto Mendolia (Rogika) in qualità di curatore degli incontri ha tenuto a ringraziare l’Assessorato alla Cultura del Comune di Taormina; l’Associazione “UNITRE” e l’associazione fotografica “Taoclick” promotrice di questi e numerosi altri eventi dedicati alla fotografia; “FDD” di Caterina Lo Presti, sponsor. Mendolia ha ringraziato inoltre, Valeria Brancato, il direttore del giornale online “JonicaReporter” media partner della rassegna. Anche questo quarto appuntamento si è svolto nella Saletta Conferenze dell’archivio storico, all’interno delle mura dell’ex convento agostiniano di Taormina, che sorge in Piazza IX aprile, cuore del centro storico cittadino.

 Gaetano Belverde, «è un giornalista e fotografo, che opera prevalentemente in Sicilia. Ha al suo attivo collaborazioni con numerose testate e riviste. Diversi suoi contributi sono stati pubblicati su “Kalós”, “Sikania”, “Il Gattopardo”, “Bianca Magazine”; e in precedenza ha collaborato con “Video Mediterraneo” e il “Giornale di Sicilia”. Scrive in merito a viaggi, e natura. Le sue foto sono state pubblicate su numerose riviste internazionali e sui maggiori portali internet specializzati. Si è formato autonomamente, e benché abbia frequentato dei corsi e workshop fotografici, trova i maggiori stimoli e spunti su internet, mezzo che usa per il continuo aggiornamento e sviluppo artistico e in parte tecnico».

Le “SKIN TALES” sono riconducibili alle novelle e la trama di questo tessuto umano è costituita dalla pelle. Belverde ha maturato varie esperienze professionali e non si è sottratto ai vari stimoli che gli provenivano dal mondo esterno. Ha fotografato “fashion” e ha fatto “street”. La sua è una fotografia del genere autorale “fine art”. Qui ciò che preme alle tempie dell’autore è il desiderio di una narrazione che sfiora l’iperrealismo o ci entra dentro del tutto in base ai soggetti fotografati. C’è uno scavo che non vuol essere ai fini di archivio ma alla fine del viaggio, la traccia di queste storie “personali” si mescola alle tracce del nostro patrimonio isolano.   

Gaetano Belverde raccontando appunto in “Immagini & Parole” ha voluto mostrare la sua reinterpretazione del soggetto, guardando il soggetto negli occhi, ma privandolo della comunicazione verbale per lasciar spazio alla parola priva di suono dell’immagine.

La storia che ne vien fuori – ha precisato l’autore – non è strettamente correlata alla storia del soggetto. Il soggetto mi racconta la sua storia, poi io scatto. La serie “SKIN TALES”, in realtà, va dal 2005 al 2009 ma talvolta qualcuno chiama, e un progetto che sembra essersi concluso, invece è ancora aperto. Ferdinando Scianna ha dichiarato che “la foto mostra ma non dimostra”. Ecco, io raggiungo l’obiettivo se quella foto o quelle foto vi ispireranno una storia.

Le “SKIN TALES” di Gaetano Belverde sono come abiti cuciti sulla pelle e fatti di pelle. La sua ossessione per la ricerca sul volto e sulle espressioni, mi ricorda gli studi incessanti di Antonello da Messina per cui il volto è tutto. Esso rappresenta l’anima del soggetto. La scelta della pittura a olio e l’attenzione alla luce; l’uso del tre quarti per donare profondità e volume, sono i temi della pittura antonelliana che si travasa due secoli dopo nei volti del Caravaggio, culminando nell’autoritratto spietato del “Davide e Golia” esposto alla Galleria Borghese di Roma. Ho ritrovato nelle foto una perfetta simbiosi tra uomo e animale, come ad esempio quella con il pastore e il pecorone che, tra rughe terragne e tratteggi del quotidiano, sembrano entrambi sorridere, complici di un’amicizia di vecchia data. Il fotografo ha interagito con loro, non sono scatti rubati.

Belverde con calma linearità prosegue:

Io ascolto le loro storie. È il mio punto di vista. La foto più bella è quella che non ci si aspetta. Uso il grandangolo. La distorsione del soggetto regala intimità perché cogli dettagli. C’è molta postproduzione per tirare fuori più dettagli possibili. Il grandangolo che preferisco è il 28 millimetri. Mi trovo benissimo e uso una “Leica”. Il mezzo non conta è il tuo stile che conta. La mia passione fotografica può essere divisa in due fasi: dal ‘93 fino al 2000, a pellicola. Dal 2003, in digitale ed ho trovato la mia via per imparare. La fotografia è un modo di vivere; vedi la realtà in modo diverso.

Per questo ripeto che la sua è una fotografia iperrealista, tutto qui è chirurgicamente esposto. Seppur sembra una ricostruzione più aggressiva, essa permette di cogliere i ricami della pelle. Di guardare dentro la chiarità al fondo del nero degli sguardi. Ma dalle immagini, e dal suo racconto, emerge il sostrato poetico e nostalgico, attorcigliato alla connaturata indole malinconica che fa da contrappunto alla nostra esagerata solarità di siciliani. Perché se non vi fosse l’ombra, non capiremmo il valore della luce. Gaetano Belverde la rievoca questa sinfonia di vita e stati dell’essere:

Nelle “SKIN TALES” la voce narrante non scandisce parole e suoni, ma si limita a mostrare i segni scavati sui volti dei soggetti, solchi profondi che raccontano la vita. I segni sul corpo come “Lingua Madre” e universale dell’uomo. Una lingua che è trasversale alle culture, alle nazioni, alle civiltà. Chi guarda queste foto è libero di leggere la propria versione di quella novella che è la vita, ma di certo leggerà direttamente dentro l’anima del soggetto. Iniziai a fotografare questo genere di soggetti nel 2005, una ricerca lenta e costante, la mia. A dire il vero, molto spesso sono stati loro a trovare me, i soggetti. Nelle feste paesane, nelle sagre, nei presepi viventi che si fanno a Natale, nelle botteghe degli artigiani di Sicilia. Ciascun soggetto è balzato fuori per caso, dal canto mio mi sono limitato a ritrarlo nel suo ambiente, tra le sue cose, dopo essere entrato in confidenza. Non amo lavorare velocemente con i soggetti e spesso mi fermo a parlare con loro prima di scattare una foto. Sembra quasi un pegno da pagare per poter ritrarre la persona senza blocchi e costrizioni. Difficilmente uno scatto rubato potrà farlo. Non pretendo di aver sempre raccontato la storia giusta, la mia è sempre un’interpretazione. La post produzione caratterizza il soggetto, questo è innegabile, spero solo di avere messo poco di mio e di aver fatto emergere quello che quegli uomini, con i loro volti e le loro storie mi stavano raccontando.

Un’altra serie di questo percorso è costituita da “SICILY SACRED AND PROFANE” dedicata alle feste religiose. Certo si potrebbe pensare che quasi tutti i fotografi si siano occupati di feste e tradizioni e in questi ultimi anni questa “febbre” è aumentata enormemente. Però Belverde ha tenuto a spiegare che la tradizione, solo in apparenza immutabile, non è cristallizzata e a livello documentale si evolve. Si pensi al “San Paolo” di Palazzolo Acreide. Si assiste a feste diverse da quelle fotografate da Scianna e Leone. Le foto qui sono miste: bianco e nero e colore. La visione del video proiettato dura diciotto minuti ma passano via come sospesi in una bolla senza tempo. La coesistenza di sacro e profano accompagna, come ritmo eterno, il passaggio da un’immagine all’altra. Il culmine si raggiunge quando tra i devoti ci sono alcuni ragazzi che fotografano con i cellulari alla presenza dell’icona di Cristo oppure il prete sotto la statua di Gesù, in simmetrica corrispondenza sopra-sotto, con il telefono in mano, magari per una più rapida intercessione in alto loco. O ancora il manifesto religioso che raffigura la Madonna affiancato da quello di una ragazza, che promette libertà e divertimento. O il confratello e alle sue spalle la vetrina di una macelleria con il quarto di carne ben esposto. Il rito collettivo unisce adulti e bambini; questi ultimi con il loro rito e il santo in miniatura. I volti tracciano un percorso rituale e devozionale. Le mani toccano il Santo e si toccano. Gli occhi sono infiammati. Accesi. La Sicilia si presta come “skené” naturale.  Vi è molta Sicilia orientale: Assoro; Catania; Palazzolo; Ramacca; Militello. Allora, penso a una lirica di Mario Tobino, medico psichiatra e scrittore, che molta attenzione prestò alle persone, ai volti, Beato chi semplice vive:

«Beato il contadino, lui lavora il campo che brilla, nel cielo che fa festa; beato il navigante, lui tranquillo aspetta sulla prua che il delfino innocente si avvicini. Beato chi vive come il fiume secondo che dice natura. Beato chi semplice vive felice per un cibo profumato dopo la fatica del giorno. Beato l’umile che sorride per un’altra sera che gli è dato di vedere, e la notte immensa l’avvolge e l’inonda di serena speranza».

Le “SKIN TALES” di Gaetano Belverde di questi “semplici” narrano. Persone dalla vita dura che hanno rispetto verso ciò che non si può spiegare a parole. Loro conoscono il buio; grati di vedere ogni giorno la luce.

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