Il 9 luglio di ogni anno, Taormina si riunisce per festeggiare il santo patrono e protettore della città. Festa antica come molte lo sono nell’isola, festa che rimanda ad antichi prestigi, dato che nel medioevo, erano le città demaniali, care al re, ad avere un nome insigne, un santo o una santa patrona. Taormina era “Notabilis” ed aveva Pancrazio a vegliare su di lei. La vita di Pancrazio, proveniente da Antiochia fu avventurosa e piena di colpi di scena. La leggenda infatti narra che, abiurata la fede ebraica e convertitosi al Cristianesimo, poiché dotato di grande prudenza, e mostrate virtù di carità e compassione verso il prossimo, fu scelto da Pietro l’Apostolo per ricoprire il prestigioso officio vescovile e diffondere la “vera religione”, là dove ancora si adoravano gl’idoli del paganesimo. Dopo la conversione, imbarcatosi dalla Siria, sarebbe giunto sulle coste della Sicilia orientale, nel primo secolo dell’era cristiana. Pancrazio mostrata sin dall’inizio la propria autorevolezza, durante il viaggio che lo avrebbe condotto sino alla baia di Giardini Naxos, convertì i nocchieri Romildo e Licaonide. Ma la sua opera evangelizzatrice e il suo operato si sarebbero protratti per circa un sessantennio. Il sant’uomo infatti giunto a Tauromenion e distrutti i “simulacri degli idoli”, convertì il prefetto Bonifacio con tutti i cittadini, e fondò una tra le prime comunità cristiane della fascia ionica. Gli antichi luoghi di culto pagani ricevettero la benedizione vescovile e su di essi si provvide a far costruire edifici cristiani, tanto che la chiesa, in cui ancora oggi, trova dimora la statua del Santo, sorse su un tempio greco dedicato al culto di Giove Serapide. Il destino di Pancrazio, pertanto, si compì sotto l’egida della fede cristiana e la sua vita, costellata di eventi miracolosi, ebbe il suo sommo epilogo con il martirio; nel pieno rispetto di quelle regole a cui mai s’era sottratto. Le fonti agiografiche riportano anche che il vescovo, mentre era ospite del Procuratore della città, rifiutò di mangiare del cibo considerato impuro, e preferì dedicarsi alla preghiera, sino a che non venne turbato dai balli sconvenienti in onore dell’idolo Scamandro. Pancrazio, allora, volle dare dimostrazione della propria forza e con il gesto del segno della croce distrusse l’idolo, ma tale azione, lo rese bersaglio degli “idolatri” che per sanare l’oltraggio ricevuto, «lo trascinarono pel pavimento in una fossa, ed alcuni con punte di spada, altri con pietre, ed altri con legna percuotendolo, l’uccisero». Era il 9 di luglio e in ossequio ai riti della Chiesa greca, ai quali la liturgia taorminese si ispirava, la festa in onore del Santo che divenne Patrono della Città, si sarebbe tenuta quel giorno. E tale tradizione, pur se soggetta alle trasformazioni della civiltà, è profondamente radicata nell’anima popolare di Taormina. Così, ogni quattro anni viene organizzata in tutti i suoi passaggi cultuali, “a festa ranni”, la festa grande. Quest’anno le celebrazioni non seguiranno tutti i passaggi e tuttavia, il santo non viene mai dimenticato dai suoi fedeli, anche se nell’intervallo tra un quadriennio e l’altro, i festeggiamenti si svolgono in forma ridotta. Le celebrazioni ufficiali, comunque hanno inizio il 29 giugno, giorno in cui si commemorano gli apostoli Pietro e Paolo. In questa data, il fercolo di S. Pietro, lasciato l’edificio sacro a lui titolato e ubicato sulla via Pirandello, viene portato in processione sino alla chiesa di S. Pancrazio, posta all’ingresso della città, poco sotto le mura in cui s’apre porta Messina. Poiché il santo è anche protettore dei pescatori e dei marinai, appellati “Sciabbacoti”, ossia quelli che tirano la sciabbica (tipo di rete da pesca), i portatori della vara che li rappresentano, indossano per l’occasione la divisa bianca con il fazzoletto rosso al collo, i calzoni arrotolati al ginocchio e i piedi scalzi. Il legame ancestrale con l’elemento mare, sarà di frequente rievocato all’interno dell’impianto rituale della festa, in cui ad esempio, uno dei momenti più toccanti, è la benedizione del mare da parte dei due santi, i quali vengono fatti “affacciare”, da alcune delle più belle piazze cittadine, in una scenografica dimostrazione dell’unione esclusiva tra umano e divino. La vara con S. Pietro viene quindi condotta sino alla chiesa del Patrono, e qui, vi sono altri fedeli ad attenderla tra i quali si possono riconoscere anche i portatori di S. Pancrazio, che rappresentano gli artigiani e le maestranze cittadine e indossano la divisa azzurra con il fazzoletto bianco al collo e la fascia dello stesso colore in vita. Appena i portatori sono pronti e i due Santi si sono “rincontrati”, le vare con le statue vengono portate in salita “appaiate”, percorrendo il viale S. Pancrazio sino a porta Messina, dove imboccato il Corso Umberto, saranno condotte in processione lungo la via, per giungere infine al Duomo, in cui saranno venerate fino al giorno della festa. Il 9 Luglio, dunque, per i taorminesi, non è un giorno qualunque ma possiede un forte valore simbolico, tanto che conclusasi la celebrazione della messa solenne in Cattedrale, un fiume di fedeli si riversa in Piazza Duomo e si scalda d’emozione all’uscita delle autorità cittadine. Questo infatti è il segnale, che di lì a poco, uscirà il simulacro di S. Pietro. Il santo sarà accolto dal fragore degli applausi dei credenti e dalla fiaccolata seguita dal lancio di carte multicolori. Il medesimo rituale accoglierà l’uscita di S. Pancrazio, e le grida della gente si uniranno alle invocazioni dei portatori, al grido di: “E chiamamulu cù veru cori. Viva San Brancasiu” che insieme al suono di grosse conchiglie (usate dagli stessi in funzione di corni) scandiranno l’intera durata della processione, con le vare dei santi fatte sfilare lungo le vie cittadine, sino a concludere il loro percorso nelle rispettive dimore religiose. Tuttavia all’uscita dalla Chiesa Madre, prima di procedere lungo il corso Umberto, i fercoli vengono portati in piazza di S. Antonio Abate di fronte all’omonima chiesa, nei pressi di porta Catania. Si tratta di uno dei luoghi tra i più colpiti dai bombardamenti alleati del 1943, e proprio il 9 di luglio, giorno della festa patronale. In proposito, si narra che i cittadini gridarono al miracolo quando si resero conto che l’intera città avrebbe potuto essere rasa al suolo e che nonostante i danni ingenti, venne risparmiata. E, in segno di lutto nei confronti di coloro che quel giorno persero la vita, i festeggiamenti per il Santo per un certo periodo furono sospesi.