Chi scrive e si impegna quotidianamente a riportare i fatti, usando il genere del reportage o della narrazione, oggi ha un’enorme responsabilità. Non è facile né per me né per chi come me fa questo mestiere. Non siamo esenti da cedimenti strutturali della psiche e anche noi andiamo incontro agli annegamenti dell’animo, al fondo di uno stagno scuro d’incertezze e timori.
Ci si prova. Si tenta, barcamenandosi tra le necessarie incombenze quotidiane, dettate dai tempi e dal rigore delle restrizioni, di dare forma a testimonianze e pagine di vita altrui, mescolandoci anche le proprie ansie e le lacrime. Quelle che teniamo per noi come fossero gioielli preziosi. Agli altri distribuiamo coraggio e sorrisi, per noi, e solo per noi, teniamo i pezzi più marci e le croste di dolore.
Al tempo del Covid-19, si fa i conti con se stessi e si fanno i conti con le vite degli altri. Oggi più che mai. Questa la nostra responsabilità, oggi più che mai: parlare degli altri, per dar loro una boccata d’aria.
Questo è ciò che ogni giorno, ed oggi più che mai, ho scelto e scelgo di fare, attraverso la scrittura e il racconto, a metà strada tra giornalismo e narrazione.
Io e Michelangelo Lacagnina ci conosciamo da anni e sono orgogliosa di dire che siamo legati da un affetto e da un’amicizia che superano difficoltà, distanze e impegni individuali. Sono importanti, oggi più che mai, le persone. Vanno rimesse al centro di periferie mondiali e costituiscono centri differenti. Conobbi Michelangelo – l’uomo e l’artista – diversi anni fa. Insieme abbiamo collaborato e ci siamo confrontati sull’arte e sulla società moltissime volte. “Un cantastorie” lo definì allora e ribadisco il concetto: Lacagnina con le sue tecniche che seguono i percorsi rigorosi dell’architettura e si tuffano nella vitalità dell’arte ceramica siciliana, non è un semplice interior designer ma un artista completo, che con quel suo disarmante sorriso, la sua generosità e la dolcezza che regala agli affetti più cari, colma di colori e di pastosa allegria il mondo dell’arte; narrando, mediante l’uso dell’arte pittorica e dell’acrilico, tavole sul costume e sulle tradizioni agganciandole alla società.
Ho rivisto Michelangelo, un anno fa, in occasione di un incontro di “Immagini & Parole” che aveva per protagonista la fotografa Ursula Costa, ma soprattutto Caltanissetta. La Caltanissetta, che oggi, come ogni località dell’Isola, è afflitta e “ciaccata” dalla presenza devastante del Covid-19. La “nostra” Caltanissetta perché Michelangelo è nisseno, ma anche io ed altri amici abbiamo consegnato a questi luoghi un pezzo di cuore, e progetti per il momento fermi e ostaggio del virus, ma che ci siamo impegnati a riattivare.
Riporto di nuovo qui, quanto espressi in un precedente articolo, del 2017, dedicato a una delle mostre che Lacagnina espose a Castelmola, perché i luoghi e le persone hanno significato e la parola ha il compito di riattualizzarlo.
«Esistono persone che fungono da messaggeri e intermediari, permettendoci di farci sentire “al posto giusto, nel momento giusto”. Tra questi ambasciatori, mi piace ricordare, Peppe Filistad e Giuseppe Ragonese; alcuni degli artisti che ho incontrato e che hanno arricchito il mio iter di ricerca e di lettura dell’opera secondo l’Ermeneusi dell’Arte, li ho conosciuti perché mi veniva detto: «Lisa, non puoi mancare!». Infatti, ne è sempre valsa la pena, sia sul piano umano, che su quello professionale. Michelangelo Lacagnina, come dicevo poche righe sopra, l’ho rivisto il 10 giugno dove, presso la sala espositiva del Comune di Castelmola, il “Museo del Castello di Mola”, ha inaugurato la mostra “FRIGORIFERI D’ARTE – SMEG e D&G”, a cura di Giuseppe Filistad, direttore artistico del museo. Erano in esposizione due “frigoriferi d’arte” decorati con elementi, colori e forme tipici della tradizionale decorazione di arte popolare siciliana dagli artisti Michelangelo Lacagnina e Michele Ducato, due dei dieci artisti siciliani selezionati da D&G per SMEG, storica azienda italiana che coniuga l’eccellenza tecnologica con la creatività del made in Italy. L’evento si è svolto a Castelmola, cittadina tra i Borghi più Belli d’Italia, la cui amministrazione guidata dal sindaco Orlando Russo, coadiuvato dall’Assessore al Turismo Eleonora Cacopardo, da diversi anni, nel Museo del Castello di Mola, guarda alla promozione nazionale ed internazionale del borgo con l’organizzazione di eventi di grande rilievo turistico-culturale. In quest’occasione, Lacagnina è tornato a sorprendermi. Pur se conosco i suoi lavori ed avevo avuto il piacere di ammirare un altro “frigorifero d’arte” realizzato da lui, in una precedente manifestazione, dedicata all’arte e alle dolcezze di Sicilia. In realtà, lui può confermarlo, Michelangelo è riuscito a sorprendermi, sin dalla prima volta che ho avuto la gioia di poter visitare una sua mostra. Diciamo anzi, che ci siamo sorpresi vicendevolmente. È accaduto un anno fa; era il luglio del 2016 e con un’amica, sono stata invitata da Peppe Filistad a visitare la mostra di un Interior Designer nisseno, che riesce a riproporre sulla tela, la lucentezza e la forza cromatica brillante di colori, che su vetro e ceramica hanno un impatto vivace ma che sulla carta e sulla tela è un’ardua impresa rendere al meglio. Eppure Michelangelo, supera la prova e dalla decorazione su vetro e ceramica, traspone i soggetti a lui cari, sulla tela. Dare un’idea esatta di ciò che è accaduto quel tardo pomeriggio di luglio, non sarà semplice perché chi era presente, e mi conosce, sa come io lavori e come sia fuori dagli schemi in numerosi ambiti. Altri artisti sono stati vittime delle mie “incursioni intellettuali”. Qualcuno di loro, non farò il nome, dice che è come se io mi accendessi e non mi si ferma più. Naturalmente, questo crea sorpresa ma ci si diverte tanto, perché io lavoro e mi diverto. Così è stato alla mostra “Suggestioni Mediterranee” di Michelangelo Lacagnina. Io e la mia amica Milena, veniamo accolte da Peppe che ci presenta Lacagnina. Saluto, e mi sento a mio agio immediatamente, ottimo segno! Poi, inizio a chiacchierare, bevo un prosecco e come sempre in questi stati di folgorazione, darò la colpa al vino ma visto che “in vino veritas”, ciò che si è manifestato è buono e giusto. Vengo coinvolta in una messa in scena della storia dell’Isola, come se stessi assistendo allo spettacolo di un cantastorie. Attenzione, Lacagnina non interviene, è l’effetto che subisco leggendo le opere esposte. Mi sento parte della storia, è come se ci camminassi dentro. Michelangelo, usa le tecniche del decoro artistico ceramico siciliano e a vedere i suoi lavori, ritroverete De Simone. Ha anche una capacità di dire dell’isola attraverso tratti chiari, netti, decisi che ricordano le vetrate mosaicate delle cattedrali gotiche e poi troverete le forme che rinviano a Picasso e Paul Klee, verrete colpiti e storditi. Lo stordimento ha luogo con l’immersione nei colori e non potrete farne a meno, ve lo assicuro. I colori parlano della Sicilia, dei suoi luoghi, della sua gente, dei suoi odori. Li vedrete questi uomini e queste donne, li sentirete quegli aromi. Per questo dico che Lacagnina è un cantastorie. Osservare i suoi lavori, ti obbliga a fermarti ad ascoltare una storia dove si narra di esistenze di mare, con i pescatori che faticano ma sanno ridere e ringraziare il mare che li accoglie nella vita, così come nella morte. Io ho sentito riecheggiare le voci dei personaggi verghiani, in una sequenza in cui la nostra tradizione diventa teatro. Lacagnina ha un modo di lavorare, fortemente scenico. Mi son sentita come una bambina, che si prepara ad ascoltare il cantastorie che narrerà di Paladini o eroi che combattono il male. Gli eroi e le eroine delle sue opere sono i pescatori, la gente dei borghi, che tiene vive tradizioni millenarie, le donne che hanno una bellezza che parla di Mediterraneo e contaminazioni di storie e di razze. La vegetazione, rigogliosa che vi confonde lo sguardo e vi turba l’animo. Lacagnina vi farà ubriacare con quei colori che solo noi isolani, riusciamo appena a gestire. Il mare, i sentimenti, la seduzione, un mix che esplode e vi macchia. Ne uscirete colorati e carichi di energia».
Ho riportato parte di quest’articolo perché le amicizie e le collaborazioni si cementano con il trascorrere del tempo e hanno un tempo tutto loro. Le sensibilità si abbracciano e tessono rapporti di umana grandezza. Con Michelangelo ci siamo sentiti in questi giorni. Avevo desiderio di parlargli e di intervistarlo per ascoltare anche le sue, di parole. Ne è venuta fuori una chiacchierata mista ai singhiozzi della preoccupazione e le mie tre domande hanno aperto un racconto nel racconto.
- Quali sono gli ultimi progetti artistici che ti hanno visto impegnato prima del fermo Covid-19?
Tanti i progetti interessanti, cara Lisa. Stimoli interessanti che fino alla fine di febbraio arrivavano come un fiume in piena… E che stavano preparando una strada pregna di positività per una Primavera rigogliosa. Solo belle emozioni e grandi soddisfazioni. Tra i progetti più importanti, il coinvolgimento e successivamente l’incarico di disegnare il primo annullo filatelico, dedicato al maestro Andrea Camilleri, da presentare al dodicesimo “Festival del libro”, organizzato dall’associazione “Oltre Vigata” di Porto Empedocle. Questa speciale esperienza, mi ha dato l’opportunità di stare a stretto contatto con la figlia Mariolina Camilleri, in certo qual modo, è come se fossi entrato nella loro casa romana, nella loro famiglia. Ho ascoltato alcuni racconti di Mariolina sulle abitudini del Maestro, del metodico scandire le sue giornate durante l’ultimo periodo, privo dalla vista. Le letture da lui ascoltate da chi volontariamente si pregiava di “prestargli la vista”, giornate spesso lente ma mai noiose. Fino ai racconti della loro infanzia con le vacanze in Sicilia nella cara Porto Empedocle. Per disegnare l’annullo ho dovuto studiare il personaggio, anche perché fortemente voluto dalla famiglia Camilleri nel disegno (parlo di concentrare il tutto in un diametro pari a un timbro postale !!!). Hanno voluto che mettessi il volto del Maestro impresa non facile. Ma ti assicuro è stato un gran successo! Altra bellissima esperienza, portata a buon fine, la realizzazione della grafica sul Violetto D.O.P. di Niscemi per il quarantesimo evento della sua sagra. Già in pubblicazione, ma il vero evento sarebbe stato il 25 aprile. Quindi come dicevo, tante cose belle, tutto con un andamento a tremila!!! Ben tre mostre, che come puoi immaginare, sono state tutte soppresse, e sai bene il motivo; tra le più stimolanti, la mostra a Londra. Nella stessa galleria dove vennero esposti i progetti artistici di grande design, tra i tanti il progetto Smeg con i frigoriferi dipinti da me. Per ultimo un grande impegno portato anche questo “a buon porto”: la realizzazione di un tavolo gigante, da me decorato a mano, intitolato il “Cantastorie”, in cui raffiguro delle scene di vita quotidiana che riassumono il messaggio della mia arte. Infatti ci starebbe a pennello il tuo splendido articolo dedicatomi circa due anni fa. Questo progetto artistico è prodotto dalla casa “Artigian-Design NOTEMPO” di Milano, in collaborazione di una grande agenzia di design style di Boston. Nel progetto era prevista in prima esclusiva l’esposizione al “Salone del Mobile” 2020. Prorogato a giugno.
- Cos’è che ti ha spinto a intraprendere il tuo percorso artistico e di designer?
Questa è una domanda molto complessa ma semplice allo stesso tempo. Beh, innanzitutto la grande passione, ovviamente innata, che mi ha portato con naturalezza ad interessarmi all’arte e alla storia dell’arte e alla creatività, anche perché già da piccolo preferivo disegnare piuttosto che parlare!!! Mi annoiavo con i giochi da cortile!!! Era un mondo non mio; per questo non so fare tante cose nel mondo del gioco in libertà. Mai calciato un pallone, tardi ho imparato ad andare in bicicletta. Non ultima la patente presa alla tenera età di 26 anni!!! Fatto Solo per esigenza, non per altro… Successivamente, grazie alla grande libertà concessami dai miei genitori, soprattutto per la scelta di un percorso scolastico che ai miei tempi non assicurava molti sbocchi nel mondo lavorativo. Il liceo artistico, poi l’Accademia delle Belle Arti, in seguito Architettura fino alla specializzazione in Interior Design. Bene con il senno di poi, non avrei fatto nulla di diverso del mio percorso di studi. Concilio bene la mia professione di architetto d’interni con l’arte. Entrambe le attività vanno di pari passo, l’arte mi offre stimoli a non finire, l’architettura mi rende più razionale e spesso diventa un mezzo, forse indispensabile per disciplinare la mia vita lavorativa. Riesco oltre tutto a scindere le due cose al momento giusto, e comunque, senza una delle due non potrei resistere.
- Che consiglio daresti a chi soffre della “sindrome da quarantena”?
La quarantena… Il mio è un gioco facile. In questo periodo, sto producendo artisticamente tanto; sto preparando delle mini opere da presentare in luglio in Svizzera. E già! Sono al terzo quadro in soli 10 giorni di esilio… Questa è la mia reazione! Inoltre sto seguendo un calendario, come da programma, per tutti gli impegni presi. Con l’augurio che da lunedì –, e nessuno di noi sa di quale lunedì, di quale settimana o di quale mese, si sta parlando – si possa tornare alla normalità. Un consiglio, però voglio darlo: Reagiamo a questo stop forzato. Il mattino vestiamoci. No al pigiama day and day. Vestirci di tutto punto e il nostro fisico reagirà meglio. Rendiamoci attivi, dormiamo il necessario, siamo una brutta bestia, soprattutto noi uomini! Non ci mettiamo più di tanto ad imbruttirci e a farci prendere dalla paranoia del dolce “far un cazzo!”.
Michelangelo ed io ci siamo salutati con la stessa tenerezza di sempre e desidero riportare qui le sue parole, che vi assicuro hanno fatto più bene a me che a lui:
Cara Lisa, mi ha fatto tanto piacere la tua telefonata di ieri. Ci siamo confrontati, nello stesso tempo supportati e in maniera velata forse anche confortati. Ognuno di noi sta vivendo sensazioni di smarrimento, di incredulità, a tratti di sconforto e a tratti di fiducia. Credo sia ciò che il nostro inconscio ballerino ci suggerisce… Ma ce la faremo!!!
Io, invece, lo saluto dalle pagine di “JonicaReporter, ringraziandolo per la sua amicizia e per la sua creatività, con quell’inno d’amore che dedicai allora “nostra” Isola, tra risate e gioia condivise:
Terra! No, no, è tuttu cielu!
No, no, ma lu senti lu ciauru,
è chiddu du mari, ma lu mari nostru,
chinu di sali, di pisci e di lu so cori: di l’Amuri.
Ma è puru chinu di masculi e di fimmini;
d’amuri e di sangu.
È Terra, Mari e Cielu.
È idda, è a Matri di lu nostru Cori.
È Sicilia!