“Camere con Vista”, al suo quarto incontro in diretta sulla pagina ‘Facebook’ dell’associazione fotografica “Taoclick” venerdì 27 novembre, ha avuto in qualità di ospite, Patrizia Galia.
Il format nella sua nuova veste, sta riscuotendo ottimi consensi. La seconda edizione è sempre a cura dell’associazione fotografica “Taoclick”, di Rocco Bertè “Foto e Video”, di “Rogika’s Friends” e del media partner “JonicaReporter” diretto da Valeria Brancato.
Ad aprire la rubrica, “Novità ed accadimenti dal mondo della fotografia”, Alfio Barca con un excursus su Margaret Bourke-White, tra le donne fotografe impegnate sul campo come fotoreporter. Un bell’omaggio da parte del segretario dell’associazione “Taoclick” a tutte le donne. Ho molto gradito, infatti il taglio dato alla retrospettiva dove emergono il talento e la tenacia di una grande donna e fotografa, a pochi giorni di distanza dal 25 novembre, in cui si è celebrata la “Giornata contro il femminicidio e la violenza di genere”.
La mostra “Prima, donna. Margaret Bourke-White” è in esposizione sino al 14 febbraio 2021 a Palazzo Reale a Milano, che nella scheda di presentazione all’interno del proprio sito, introduce al mondo della Bourke-White:
«Una straordinaria retrospettiva per ricordare un’importante fotografa, una grande donna, la sua visione e la sua vita controcorrente. La mostra raccoglie, in una selezione del tutto inedita, le più straordinarie immagini realizzate da Margaret Bourke-White – tra le figure più rappresentative ed emblematiche del fotogiornalismo – nel corso della sua lunga carriera. Accanto alle fotografie, una serie di documenti e immagini personali, video e testi autobiografici, raccontano la personalità di un’importante fotografa, una grande donna, la sua visione e la sua vita controcorrente. Pioniera dell’informazione e dell’immagine, Margaret Bourke-White ha esplorato ogni aspetto della fotografia: dalle prime immagini dedicate al mondo dell’industria e ai progetti corporate fino ai grandi reportage per le testate più importanti come Fortune e Life; dalle cronache visive del secondo conflitto mondiale ai celebri ritratti di Stalin e Gandhi, dal Sud Africa dell’apartheid all’America dei conflitti razziali fino al brivido delle visioni aeree del continente americano. Sarà possibile ammirare oltre 100 immagini, provenienti dall’archivio Life di New York e divise in 11 gruppi tematici – L’incanto delle acciaierie, Conca di Polvere, Life, Sguardi sulla Russia, Sul fronte dimenticato, Nei campi, L’India, Sud Africa, Voci del Sud bianco, In alto e a casa, La mia misteriosa malattia – che, in una visione cronologica, rintracciano il filo del percorso esistenziale di Margaret Bourke-White e mostrano la sua capacità visionaria e insieme narrativa, in grado di comporre “storie” fotografiche dense e folgoranti. L’esposizione rientra ne “I talenti delle donne”, un palinsesto promosso dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Milano dedicato all’universo delle donne: “I talenti delle donne” intende far conoscere al grande pubblico quanto, nel passato e nel presente – spesso in condizioni non favorevoli – le donne siano state e siano artefici di espressività artistiche originali e, insieme, di istanze sociali di mutamento. Si vuole rendere visibili i contributi che le donne nel corso del tempo hanno offerto e offrono in tutte le aree della vita collettiva, a partire da quella culturale ma anche in ambito scientifico e imprenditoriale, al progresso dell’umanità. L’obiettivo è non solo produrre nuovi livelli di consapevolezza sul ruolo delle figure femminili nella vita sociale ma anche aiutare concretamente a perseguire quel principio di equità e di pari opportunità che, dalla nostra Costituzione, deve potersi trasferire nelle rappresentazioni e culture quotidiane».
La mostra organizzata dal Comune di Milano-Cultura, Palazzo Reale e “Contrasto” è a cura di Alessandra Mauro in collaborazione con “Life Picture Collection” e con il contributo di Fondazione Forma per la Fotografia. Il catalogo della mostra già in vendita è edito da “Contrasto”.
La carrellata fotografica offerta da Barca mi ha fatto venire in mente un’altra grande della fotografia: Gerta Pohorylle, nota come Gerda Taro, prima fotoreporter donna ad aver documentato il fronte di guerra e deceduta sul campo. Ebrea galiziana si schierò apertamente contro Hitler quindi la sua fotografia è una fotografia anch’essa di inchiesta. Compagna di Robert Capa, divennero noti come coppia unita dalla passione, dall’impegno e dall’amore per la fotografia. Per un periodo Capa e Taro lavorarono usando film fotografici simili, rendendo difficile distinguere gli scambi di una o dell’altro. Una donna che come tante altre ha contribuito all’emancipazione femminile. Modelli da tenere in grande considerazione, entrambe: Margaret Bourke-White e Gerda Taro.
Come di consueto, a seguire dopo Barca, Rocco Bertè ha aperto una nuova puntata di “Tao Didattica” sui “Principii di composizione fotografica” alla quale saranno dedicate altre due puntate. Una lezione sulla “scrittura fotografica” poiché la fotografia è “scrivere con la luce”. Quindi dato che la scrittura è linguaggio; il linguaggio è composto da grammatica e sintassi del periodo. Ciò sta a significare che anche un’immagine va costruita secondo regole grammaticali di base che daranno modo al fotografo di offrire poi la propria impronta quando avrà imparato “a leggere e a scrivere” con quello che è lo stile, unico e personale.
Bertè ha anche posto l’attenzione sulla tecnica fotografica la quale «serve per poter scrivere correttamente è ed al servizio del contenuto/messaggio. Un esempio è la Still life per pubblicità, paesaggio, macro».
Altro passaggio importante è quello della “Percezione” perché – ha sottolineato Bertè – «noi vediamo con il cervello». In stretta successione dopo la sezione riservata alla didattica un nuovo focus per “Tao Immagine”: una finestra in più, per dare utili suggerimenti e qualche ‘dritta’ per migliorare le foto. Ed in chiusura il “Quiz” per completare la didattica, divertendosi.
Riavvolgendo il nastro e tornando indietro di un po’, l’appuntamento riservato ai fotografi e moderato da Rogika (Roberto Mendolia) ha ricevuto il prezioso, bello e coinvolgente contributo di Patrizia Galia. Lei, trapanese, è una fotoamatrice ma come già ho avuto modo di riscontrare in altri fotografi ha uno spiccato profilo autoriale, in cui parola e foto rientrano l’una nell’altra in un complesso e articolato storytelling. Così è in “Salanitro” quando entrati nel suo sito patriziagalia.com, vi guida narrativamente per farvi giungere con garbo sino alle immagini:
Salanitro è un progetto a lungo termine che porto avanti da oltre 10 anni e che non si è ancora concluso. Si sviluppa all’interno della Riserva naturale orientata delle Saline di Trapani e Marsala, in un percorso che attraversa vasche colme d’acqua, mulini a vento fra i più belli d’Europa, canali e montagne di sale. I canti dei salinai accompagnano ritmicamente i gesti, in una tradizione antica che si tramanda identica da generazioni. L’acqua di mare, raccolta nelle vasche, lentamente evapora sotto il cocente sole estivo, e giorno dopo giorno, il sale si incrosta sul fondo, pronto per essere frantumato e raccolto con pale e carriole, ma soprattutto forza e sudore. Negli ultimi anni il mercato ha messo in difficoltà molte famiglie di salinai a seguito dell’importazione di un sale meno pregiato dalla Tunisia, e alcune saline sono state costrette a chiudere. Quando mi sono trovata a fotografare il loro lavoro, non è stato un semplice reportage, ma un ritorno alle mie origini, ai colori e profumi che hanno connotato la mia infanzia, un legame con la mia Terra, indissolubile.
Qui la fotografia della Galia è, documento. La scelta del “bianco e nero” sebbene alcuni scatti siano stati mantenuti a colori, pone alla ribalta degli occhi di chi osserva le immagini di mani, volti, fatica; e il bianco del sale, oro prezioso.
Quindi quando le ho chiesto in merito alla lavorazione delle immagini in post produzione, riferendomi in particolare ai contrasti, ai chiaroscuri, la Galia ha risposto:
«Non in maniera eccessiva, non amo stravolgere la realtà, in questo caso già di per sé straordinaria».
Ed è sempre dalle sue parole che veniamo a conoscenza di ciò che la spinge a fotografare e a documentare:
Dare concretezza visiva alla mia immaginazione e alle mie percezioni non è stato un desiderio, piuttosto una necessità. Ho cominciato a guardarmi dentro attraverso una lente, e ho trovato i frammenti con cui il mio essere, la mia vita, la mia cultura erano stati costruiti: ho trovato la mia terra e la mia gente, ogni luogo che ho visitato, tutti i libri che ho letto. Tessere fragili, le une intrecciate alle altre in un sottile ricamo, che si sono rivelate parte di me e la cui fisicità, a volte cruda e amara, si è svelata in bellezza ed emozione. Guardarsi attraverso i propri scatti è un percorso difficile, a volte gioioso, più spesso pieno di meste riflessioni: un sentiero impervio di cui non scorgo mai l’epilogo.
È vedere dove altri non possono vedere.
O ancora, ciò che trascrive in forma di appunti in un altro progetto di quest’anno, che vede protagonista Pantelleria e i panteschi: Di lava e di zibibbo.
Non bisogna avere fretta. Come in un sortilegio ciò che appare non è. Mura anonime, piccoli negozi sgraziati, vicoli insignificanti, un tranello spiazzante accoglie lo straniero. Solo un passo più in là si compie la magia, vigneti di uva passa da strappare a morsi e alberi di fico zuccherini, ossidiane luccicanti e vapori di zolfo, dammusi a strapiombo sul mare. Paradiso è nuotare nelle acque nere, lucide, stranianti, a Pantelleria.
Un viaggio a ritroso nel tempo, in cui mi sono imbattuta in pensieri e foto di una struggente bellezza. Quella bellezza per cui potresti starci ore su quelle foto e quelle parole le rileggeresti ancora ancora, e ancora. La Galia è brava e sa esprimere benissimo sentimenti e desideri progettuali.
Allora continuo a navigare nel suo sito e aggiungo un altro tassello con il progetto, La mia gente del 2019:
Ho cercato fra le pieghe dell’anima briciole di memoria, in un respiro l’odore acre della salsedine, il vento del sud che graffia e sfinisce, il mare chiaro e profumato d’estate. Ho cercato in un’amorevole carezza la seduzione del gelsomino, e nelle notti tiepide, quando l’aria è immobile e le cicale cullano i pensieri, la luna bianca che accompagna il cielo terso di un nuovo giorno. Ho cercato ruvide voci nei vicoli angusti e risate argentine di bimbi in riva al mare, sguardi ancora ingenui di uomini stanchi e sorrisi mesti di donne sfinite. Ho cercato in una nenia accennata da voci antiche, nelle labbra dischiuse ormai mute, il conforto del sonno di un bambino. Ho cercato in una preghiera silenziosa, una speranza. Ho trovato la mia gente.
Per i ritratti della sua gente, la fotografa ha invece optato per il colore. Allora le ho chiesto, vista la scelta di un fondo nero pece da cui emergono, quasi galleggiando i volti di donne, uomini, anziani, giovani e bambini, se avesse tratto ispirazione dalla pittura del Sei-Settecento? Una domanda che ho posto già ad altri come ad esempio ad Ornella Mazzola dall’iter fotografico a tratti “caravaggesco” e che “a tratti” ho ritrovato nella Galia per l’angolazione e la composizione data a questo studio sui volti e sulla fisiognomica offerta dai ritratti. Non si è sottratta ed ha confermato che
«Inevitabilmente le influenze di un certo tipo di iconografia non si possono negare, sono dentro di noi, l’informazione si stratifica ed echeggia inconsapevolmente durante l’atto creativo».
Una risposta che avrebbero potuto dare un pittore o uno scrittore, per evidenziare una volta di più l’intreccio tra fotografia, arte e scrittura ossia un’interpretazione e traduzione del mondo che, come ho avuto modo di scrivere altrove, ne va a completare la letteratura di genere.