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lunedì, Settembre 9, 2024

Rogika e “Teorema Sicilia”. Una proposta narrativa per immagini

CulturaRogika e “Teorema Sicilia”. Una proposta narrativa per immagini

La settimana scorsa si è chiusa la mostra “Teorema Sicilia” dello street photographer Roberto Mendolia, Rogika, per chi lo segue o lo insegue; dipende se sta facendo jogging.

“Teorema Sicilia” ha aperto i battenti il 5 maggio e si è chiusa il 15, nell’accogliente sede espositiva, nei pressi dell’Auditorium comunale di Castelmola, delizioso borgo medievale, a due passi da Taormina. Mi è piaciuta molto l’idea di Roberto, di allestire il suo percorso narrativo a Castelmola, perché ritengo che sia un luogo dove l’anima del luogo riesce ancora a farsi ascoltare e viene protetta dagli sfregi dettati dalla povertà dello spirito, che ahimè, divora altri spazi con vorace spietatezza.

Roberto Mendolia è uno street photographer, lui la strada non la percorre soltanto; la vive, la assorbe con tutto ciò che da essa emana e la trascrive in forma di appunti. “Appunti di luce” che rimbalzano sulle immagini in “bianco e nero” perché per Rogika la scrittura è mettere “nero su bianco” la sua visio mundi, non fermandosi ad una narrazione fatta di parole, punteggiatura e spazi bianchi ma trasferendo la scrittura nell’immagine dato che «la Fotografia è Scrittura di Luce».

Ci tiene a ripeterlo spesso, mantenendo un habitus discreto come è nella sua indole. Quando sono andata a trovarlo, era un incantevole pomeriggio domenicale e a Castelmola si assaporava la dimensione di intima umanità dei paesini di provincia. Appena entrata a visitare la mostra, ciò che prima di ogni cosa mi ha colpito, è stato il balconcino che si affaccia sulla piazza Sant’Antonio, ingresso della città. Perché io e Roberto ci siamo messi a chiacchierare come si fa qui da noi in Sicilia, su quel balcone; ma mentre conversavamo, la mia mente vedeva altre immagini: Roberto seduto lì, da solo, a trovare nuove trame per i suoi “racconti di luce”.

Rogika è un narratore, su questo non ci sono dubbi, e narra le isole nell’Isola. La Sicilia, l’ho scritto altrove, e lo hanno scritto altri più autorevoli di me, è Isola ed è Ponte. È anche una miriade di isole dentro di essa. Roberto Mendolia le ritrova queste isole. Luoghi chiusi che nascondono una ricchezza di anima e di vita, fatta di terra, di campi, di volti che sono ragnatele di segni e che ti fanno pensare ad altre strade; a tradizioni che vengono custodite e tramandate gelosamente. L’Isola fatta di isole, composta e scomposta in segni verbali e di mimica facciale, in cui ad ogni angolo percepisci il passaggio delle civiltà e resti ipnotizzato da segni muti di mani che danzano durante il lavoro.

Roberto racconta e descrive il senso di comunità che, fiero, resiste in molti luoghi. Qualcuno direbbe che è tutto molto provinciale, invece è proprio quella provincialità che detta il ritmo del mondo con l’Anima. In fondo, se ci pensate bene, anche nelle nostre città più popolose, resistono “i quartieri”, dove troverete gente seduta fuori a chiacchierare. La provincialità ancora è viva e si avverte prepotente via, via che si ci si addentra nell’Isola.

Il racconto di Rogika, si snoda da Palermo, a Catania, attraversando l’ennese ma si muove ad istinto in cerca di tracce: Assoro, Burgio, Butera, Leonforte, Mussomeli, Sutera, Pietraperzia, Gibellina e anche Taormina e Castelmola. Per restituirci il senso della memoria di ciò che siamo stati e ravvivarci nell’orgoglio di essere siciliani, senza piangerci addosso, consapevoli della nostra unicità.

Immersa nella lettura delle immagini di Roberto, ho risentito la voce dei miei nonni, quando da bambina, in campagna, ci sedevamo la sera al fresco della pergola ad ascoltare in religioso silenzio le storie. Quelle storie le ho sentite innumerevoli volte dai miei nonni siciliani e come voci provenienti da un’altra isola, la Sardegna, le ho apprese da mio padre. Leggendo i “testi di luce” di Roberto, le ho risentite e le ho rivissute in quei volti a noi più vicini, come quelli di “Onofrio il tappezziere”, o “U Pupittu a San Pancrazio”, oppure la faccia amica di “Giorgio da Mola”, che da poco ci ha lasciato ma che, ancora ci parla da quell’immagine.

Questo narra Roberto, tuttavia il suo stile non è verista, semmai lo trovo neorealista. “Teorema Sicilia”, è un percorso ed un progetto in itinere e non poteva essere altrimenti. La strada non è ancora finita; ci sono segni da ritrovare, profumi da respirare, volti da interrogare e mani da stringere, bevendo un bicchiere di vino, certi di essere al posto giusto: a Casa.

Lisa Bachis

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