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Storia e Storie. La Badia Vecchia di Taormina

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Foto dell'autrice

Il sito del palazzo – Il perimetro dell’antica Badia cade anch’esso entro la seconda cinta muraria della città, poco più in alto rispetto alla Porta Cuseni, sulla Via Circonvallazione, a breve distanza da Piazza del Carmine e dalla Cattedrale. Anche quest’edificio, dunque, faceva parte del contesto urbano medievale, in cui le aree di epoca greco-romana furono via, via abbandonate, divenendo periferiche al nuovo centro; che andò a stringersi attorno al Duomo e il cui nucleo centrale venne edificato nella prima metà del XIV secolo, innestandosi sulla precedente base normanna.

Il trecentesco palazzo della Badia, quasi contemporaneo al Palazzo Duchi di S. Stefano, fu edificato, sfruttando una torre di controllo di epoca normanna, costruita per monitorare il confine sudoccidentale della città. Ecco perché a un primo sguardo, l’edificio si presenta con caratteristiche simili a una fortezza. Ciò nonostante, il successivo alleggerimento architettonico dato dalle bifore in stile archiacuto siciliano e fascia bicroma – in pietra lavica e pietra bianca di Siracusa – che segnano la separazione dei piani primo e secondo. Siffatta demarcazione è volta a snellirlo e slanciarlo in altezza.

La storia dona fascino e suggestioni – I tre piani del palazzo, ad ambiente unico, sono collegati per mezzo di una scala di epoca successiva come nel caso del Palazzo Duchi di S. Stefano.

Secondo le fonti, il nome Badia, deriva dal fatto che l’edificio ospitò un convento di monache e tra le sue mura trovò dimora Eufemia, figlia di Pietro II d’Aragona e sorella di Federico IV detto Il Semplice, la quale fu dapprima Badessa a Messina e che durante il regno del fratello, poiché questi da solo non era in grado di contrastare le mire volte al controllo del Regno di Sicilia da parte delle grandi casate isolane, fu nominata reggente del Regno, condividendo un destino politico molto vicino a quello della Regina Bianca. Taormina quindi per la sua strategica posizione, rappresentava il luogo ideale per tenere sotto controllo i facinorosi signori delle vicine città demaniali. 

Inoltre, la denominazione di Badia Vecchia servì per distinguere il palazzo dall’altro monastero, quello di S. Maria Valverde, detto Badia Nuova. In verità, non sono state ritrovate documentazioni storiche certe in merito all’uso del palazzo ma la destinazione d’uso di tipo religioso è suffragata da alcuni ritrovamenti, tra i quali possono citarsi un dipinto in stile bizantino, appellato Vergine non Manufatta, recuperato dal pozzo nel giardino. Intorno a quest’opera, le diverse cronache narrano che venne occultato, per salvarlo dalla predazione durante l’invasione araba. La sacra effigie, prima conservata nell’ex Chiesa del Carmine, oggi si trova nel Duomo; un crocefisso in oro (oggi di nuovo irrintracciabile) e un dipinto su tavola, donato al Comune dalla Famiglia De Turcis, proprietaria del giardino, di cui tratterò in un altro contributo.

In quest’ultimo sito, è stato individuato anche un passaggio scavato nella roccia, antica via di fuga che conduceva al di fuori della seconda cinta muraria.

Varie fasi di restauro – Dopo il Secondo Dopo Guerra, il palazzo ricevette diversi interventi di restauro e la sua definitiva destinazione d’uso come “Museo Archeologico”, può fissarsi al 1994. Sino al 2016, il Museo, che avrebbe dovuto essere interessato da un’ulteriore fase di potenziamento, era allestito su tutti i tre piani dell’edificio e raccoglieva i reperti ritrovati in scavi di epoche diverse che vanno dal secolo XIX agli anni Ottanta del secolo scorso, oggi esposti in altri siti, sotto la tutela del Parco Archeologico Naxos-Taormina.

Tra essi vi erano reperti di epoca ellenistica, ceramiche e rari contenitori in vetro d’epoca romana; un sistema di canalizzazione delle acque di epoca romana e un’urna di alabastro finemente decorata da un altorilievo.

Molto bello anche il dipinto su tavola, raffigurante S. Sebastiano e proveniente dall’ex Chiesa di S. Agostino, precedentemente Chiesa di San Sebastiano, che ha ritrovato la sua collocazione nella zona absidale della chiesa, oggi denominata Sala Di Giovanni, con finalità espositive.

 

 

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