Giovedì 31 gennaio, un finale spumeggiante ha chiuso la rassegna di incontri sulla fotografia, tenutisi nella Sala Conferenze dell’Archivio Storico di Taormina. “Immagini e Parole”, progetto giunto al quinto anno, a cura di Roberto Mendolia (Rogika), in collaborazione con l’associazione fotografica “Taoclick” e l’UNITRE Taormina – che l’ha inserito nel calendario per l’anno accademico 2018/19 – è stato patrocinato dall’Assessorato alla Cultura del Comune, retto dalla professoressa Francesca Gullotta.
Quest’anno sono stati gli #SGUARDIDIDONNA, il tema centrale del percorso. Donne e Fotografe; narratrici dell’esistere ed esploratrici dell’essenza. Ursula Costa, ospite dell’ultimo incontro, ha donato a tutti gli intervenuti, gioia, passione e il suo approccio alla vita.
Non è stato un incontro; è stata una festa. Uno scambio effervescente di idee e momenti di vera amicizia. Oggi, tutto appare scontato. Sentimenti, desideri, manifestazioni d’affetto. Tutto sembra ridotto a esternazioni social, dove si è spezzato il confine tra sostanza umana e vita digitale. Ma noi restiamo umani, e ci piace pensare che un abbraccio, una risata, una battuta, una carezza, una lacrima, abbiano una loro forma unica che li lega a persone. Anch’esse uniche e differenti le une dalle altre. “Immagini e parole” è una porta sul dialogo tra esseri umani e la spontanea esuberanza di Ursula Costa, la dolcezza infantile che non ha barattato con nulla, nonostante sia una Donna; la sua febbre per la vita che la sostiene e la alimenta attraverso la macchina fotografica, sono ingredienti di prima qualità. Ed andavano mescolati in una conversazione. Così è stato. L’invito accolto, anche, da Michelangelo Lacagnina – architetto, interior designer, ma soprattutto “artista e cantastorie di Suggestioni Mediterranee” – ha sottolineato un legame, che è collaborazione, ed è amicizia e fratellanza.
Ursula Costa, è una Donna zingara. Il suo DNA l’ha sempre portata a essere una raminga. E ci sta bene quest’immagine, con la sua scelta della fotografia, per dire il mondo. Nata a Toronto, da genitori siciliani, è poi tornata alla sua terra d’origine. Ha vissuto l’arte e la creatività sin da piccola, perché è figlia di artisti. Suo fratello Max l’ha ricondotta alla fotografia, ma in famiglia, avendo una serigrafia, la pratica della stampa è arte che si tramanda di padre in figlio. Lo ha detto quando ha presentato il reportage Caltanissetta che Passione. Ursula Costa è nomade come lo sono gli zingari. Per questo, appena può, sta e lavora a piedi scalzi. La sua anima tellurica richiede il contatto diretto con la Grande Madre. In fondo, ha scelto di vivere nei pressi dell’altra immensa Madre: l’Etna;A Muntagna!
La fotografa ha ricevuto tanto, in questi anni, in termini di collaborazioni e scambi umani. La presenza di Vera Terranova, i laboratori con Rocco Bertè; gli scambi con Roberto Mendolia. Il rapporto intellettuale con Antonio Manta e gli umori della “Malacarne” ricevuti da Francesco Faraci. Ciascuno di loro ha inciso nella vita di questa fotografa, che usa la macchina fotografica come fosse un pennello, perché Ursula Costa dipinge immagini. Il suo “bianco e nero” è come il disegno a carboncino. Il dosaggio tra luci e ombre, in cui lei, spesso, sentendosi sull’orlo del precipizio, tira fuori “il nero che ha dentro” per lavarlo con la luce. Sì, per lei, la fotografia è stata scontro tra malattia e cura. L’ha vissuta come un’analisi per riemergere dagli abissi. Attenzione però, emersione e immersione vanno insieme. Galleggiare e affondare convivono in una morsa, che può essere fatale e portare all’inabissamento. Ma Ursula, attraverso l’obiettivo, ha imparato il senso dell’equilibrio e la possibilità di una salvezza di sé, e del mondo in cui vive.
Durante l’incontro, lo ha espresso in una cornice di gioia assoluta. «Fotografo perché mi fa stare bene. La fotografia è il mio filtro; attraverso l’obiettivo vedo il mondo che desidero. È il mio modo di viaggiare, di vedere, di essere. Una grande passione ritornata più prepotente, forte e invadente che mi ha aiutata, sollevata, distratta, impegnata mentalmente e fisicamente.Caltanissetta che Passione, è un racconto fotografico nato per scherzo, mentre eseguivo un lavoro per conto e insieme a un fraterno amico: Michelangelo Lacagnina. Faceva molto caldo e solitamente quando posso, lavoro a piedi scalzi. In una delle nostre pause, ironicamente, mi disse: “Devi venire alla festa di San Michele ti troveresti a casa. Infatti, il 29 settembre del 2017, Caltanissetta mi ha accolto, e giocando e tornando e ritornando, ho riscoperto una città ricca di contrasti forti, che profuma di storia, di arte, di tradizioni».
Da “un gioco” è maturato un progetto, per cui oggi, i nisseni ringraziano Ursula Costa. Preso spunto dalla festa di San Michele dove i devoti percorrono a piedi scalzi le vie della città, portando il santo patrono in processione. Sino a giungere alla “Passione”, che da umana si trasfigura nel divino. La fotografa, in quei giorni convulsi, ha scelto, per ragioni pratiche che poi sono divenute necessarie, di vedere tutto dalla prospettiva dei bambini. E si è accovacciata, cogliendo, gesti e ricordi in uno sguardo. Speranze di gente che sa ancora raccogliersi in preghiera, per un bisogno che va oltre il tempo, e che lei ha fissato in immagini.
Ursula Costa ha dichiarato: «La vera identità nissena viene fuori nei giorni della settimana Santa, dalla Domenica delle Palme alla domenica di Pasqua. I cittadini si riversano nelle strade, tra i protagonisti che accompagnano le processioni e diventano spettatori,facendosi rapire da questa antica magia. Uno scorrere di Vare, Varicedde e bande musicali. Anche il Venerdì Santo, i “Fogliamari”, i poveri raccoglitori di erbe e verdure, accompagnano scalzi, il Signore,in una commovente processione. Ho fotografato con le scarpe e mi hanno adottato lo stesso Ho incontrato e vissuto la Settimana Santa con le “Real Maestranze”, l’istituzione più antica della città, oggi picchetto d’onore durante tutta la Passione e con poteri straordinari. Indimenticabile il carcere minorile. Ho assistito anche al rito della vestizione del Capitano e vissuto le cerimonie da Nissena».
I rappresentanti delle “Real Maestranze” erano presenti, giovedì 31, all’Archivio Storico di Taormina. Erano presenti insieme a Michelangelo Lacagnina – che da acuto osservatore, ha immediatamente riconosciuto l’unicità di Ursula Costa – perché una festa, è una festa, e bisogna esserci tutti. Ursula Costa, “la zingara che dipinge il mondo” con la macchina fotografica, ha in sé la dolcezza dei bambini. Forse, il suo mondo non ha i colori dell’arcobaleno, però lei sa che i bambini hanno la forza dell’immaginazione. Sono capaci di restituire bellezza; e Ursula ha restituito bellezza e memoria non solo a Caltanissetta, ma a questo nostro e strampalato mondo.
Lisa Bachis