
Quelli di Taoclick insieme alla fotografa Ursula Costa hanno deciso di inaugurare la zona gialla siciliana con una incursione speciale ad Acicastello, comune marinaro a due passi dalla città del Liotro. Lunedì 17 maggio alle 18:30, presso il Four Points by Sheraton Catania, la Fondazione OELLE Mediterraneo antico, con la preziosa curatela di Filippo Maggia, ha inaugurato “Suite of Love”, originale progetto espositivo in onore di Nobuyoshi Araki, eccelso fotografo giapponese. Il progetto vanta il primato di realizzazione per il sud Italia.
Tutto si è svolto nel rispetto delle regole anticovid: ingresso su prenotazione, misurazione della temperatura all’ingresso e uso della mascherina. L’esposizione infatti è aperta – sempre previa prenotazione – dal 18 maggio al 25 luglio e comprende la visita guidata dai mediatori culturali messi a disposizione dalla Fondazione OELLE.
Il curatore, Filippo Maggia, ha in tal senso dichiarato che «l’esposizione si presenta come un’occasione unica per avvicinarsi all’ “universo Araki” per coglierne alcuni tratti fondamentali in un contesto davvero senza precedenti: una “Camera dell’amore”. “Suite of Love” è infatti una vera e propria camera d’albergo, una suite con 1.000 Polaroid realizzate sino ai primi anni Duemila, 27 fotografie inedite selezionate fra la sua produzione degli anni Ottanta e Novanta, l’intera serie del 1996 intitolata “Suicide in Karuizawa”, una selezione di 19 “Flowers” composizioni floreali dei primissimi anni Novanta, e 12 opere in grande formato della recentissima serie ancora in progress “Araki Paradise”».
Posso dire, per quanto mi riguarda, che si è trattato di un «viaggio» emozionante e avventuroso. Lo scrivo sorridendo, perché sapete meglio di me che con quegli indisciplinati di Taoclick… Vi confido solo che ero in auto con il presidente De Luna e il vice Roberto Mendolia (Rogika) mentre Sandra Sánchez viaggiava con la sua auto ed è stata super presente al momento di dare aiuto concreto per raggiungere la méta… Ok ok, non voglio aggiungere altro, ma un’avventura vera e propria abbiamo vissuto, tanto che Indiana Jones li avrebbe frustati entrambi, se li avesse avuti a portata di mano. Va bene, meglio tornare a dire di arte.
Bellissimo è stato, in quell’assolato pomeriggio di metà maggio, tornare a godersi un po’ di vita normale dopo tante restrizioni e patemi d’animo. Una totale immersione nella bellezza.
L’idea di organizzare l’allestimento all’interno di un hotel, l’ho trovata favolosa sia per la location di fronte al mare lavico dei faraglioni sia per la struttura accogliente, con una hall che richiama nell’immediato il senso dell’ospitalità, e invita a soste più prolungate. Inoltre, il luogo è perfetto per far entrare in un mondo di seduzione, complicità, passione e gioco, nel libero esercizio dell’eros vero e umano.
Osservando le foto, esposte al primo piano dell’hotel, prima di fare ingresso nella “Suite of Love” si procede passo dopo passo dentro all’universo carnoso e carnale di Araki. I fiori rinviano a una simbologia femminile che nulla ha di osceno; anzi, mantiene intatta la provocante sensualità nei colori, nelle composizioni e negli elementi fantoccio. Ci sono pupazzetti di donne che hanno i tratti delle eroine nei manga e negli anime; ci sono i rettili, non semplici predatori, ma archetipo giurassico in rapporto inscindibile con la Natura primigenia; anch’essi parte integrante del tessuto culturale del Giappone. Il femminile e il maschile assumono i tratti degli amanti.
La donna potrebbe sembrare ridotta a feticcio sessuale, ma sarebbe una lettura superficiale di un universo assai più complesso, così come lo è la figura della Geisha, più volte richiamata nelle fotografie di Araki. Lo stesso dicasi in merito alla scelta della «messa in scena» dell’eros più spinto, che allude a un’unione carnale e spirituale.
In questo, nel sapiente allestimento delle scene, ritrovo moltissimo della mimica antica del teatro Nō, dove i sorrisi lasciano il posto ad espressioni, per noi spesso indecifrabili, ma che parlano direttamente attraverso lo specchio degli occhi, ai nostri sensi. Dunque eviterei di dire che questo Maestro della fotografia faccia pornografia. Sarebbe ingiusto, ingiustificato e significherebbe non aver compreso il vero messaggio di Nobuyoshi Araki.
La stessa o Fondazione OELLE lo ha precisato in una nota esplicativa:
«Nella “Suite of Love” di Araki si è immersi nell’indagine ossessiva di uno dei più noti e celebrati fotografi al mondo, che da privata diventa pubblica. Le immagini di Araki si susseguono senza soluzione di continuità a celebrare l’universo femminile, la sua bellezza e unicità: nel ritratto, che sia un volto, un busto, una figura intera, un nudo o un bondage allestito, una storia come fosse un fotoromanzo, o una delle sue muse ispiratrici, o Yoko, sua moglie scomparsa nel 1990».
Ciò che ho estratto dalla visione delle Polaroid a colori, dallo straordinario effetto pixel di un mega schermo, è un atto di amore verso il femminile. La lettura fatta tra le pieghe della pelle del volto o svelata nell’intimità più recondita. Se poi si vuol assistere a una prima d’eccezione, bisogna entrare nell’alcova vera. Allora il letto e l’arredo della camera divengono cornice stilistica per la narrazione di una bellissima storia d’amore. Due corpi in fusione di anime affini; l’eros è protetto in tutta la sua sacralità di istinti e ricerca del piacere in un dare e darsi reciproco. Una incessante scoperta l’uno dell’altra, cadenzata da antichi rituali come lo è l’eros, antico.
Un madrigale d’Oriente tenuto insieme da un mirabile Bianco e Nero, poetico e carico di sogno. Una sospensione dal tempo così come ogni storia che si rispetti, richiede. Ed a proposito di storia e di autori, ho scelto non casualmente una tra le foto scattate da Rogika, a far da copertina a questo pezzo. Non a caso, dicevo, perché spero lui voglia al più presto pubblicare, sui suoi profili Facebook e Instagram, il racconto per immagini di quel pomeriggio e dell’esposizione di Araki. Un autore che legge un altro autore, avvicinando le rive di due mondi apparentemente distanti, mediante un ponte di sintonie artistiche.
Rogika, restiamo dunque in attesa della tua narrazione sulla “Suite in Love”.